Alpinismo e insulina a quota 8000

A Fossano, ai piedi del Monviso, medici di varie discipline si sono incontrati il 16 marzo 2019 per fare il punto sui benefici che la montagna può assicurare alle persone colpite da diabete. Sull’interessante simposio ci aggiorna cortesemente il dottor Gian Celso Agazzi, esponente della Commissione medica del Club alpino.

Montagna e diabete. Organizzato dalla Commissione Medica Regionale Ligure, Piemontese e Valdostana del CAI presso la Chiesa del Gonfalone a Fossano, il convegno “Montagna e diabete” si è aperto con una relazione del responsabile scientifico Franco Fontana, pediatra di Tortona, che ha moderato la prima sessione. Punto focale dell’incontro, la duplice certezza che l’attività fisica rappresenti un efficace strumento terapeutico nel controllo del diabete e che l’ambiente montano, in particolare, costituisca il contesto perfetto per affrontarla. La ragione è semplice: l’opportunità di fare escursionismo in montagna oltre ad assicurare tutti i benefici che conseguono dal “fare movimento”, oltretutto potendo contare su un’aria non inquinata, consente alla persona diabetica di acquisire maggiore fiducia in se stessa a tutto vantaggio di una migliore gestione della malattia. L’esposizione all’alta quota attiva molti meccanismi complessi e adattativi in grado di proteggere l’organismo dalla carenza di ossigeno e dalle basse temperature. Il rapporto tra alta quota e diabete è stato studiato per molti anni, ma a oggi è comunque difficile trarre chiare conclusioni dalle evidenze disponibili. Il dato certo è che obesità e diabete di tipo 2 hanno una prevalenza inferiore tra le popolazioni che risiedono in quota (65% in meno di rischio tra i tibetani, che vivono tra 3500 e 4000 metri, e 89% in meno per chi abita oltre i 4000 metri). Alcuni studi hanno evidenziato una correlazione tra diabete e inquinamento, che diminuisce a mano a mano che si sale in quota. I dati a disposizione sono molto eterogenei poiché provengono da fonti diverse: studi su animali, spedizioni alpinistiche e ricerche effettuate su diabetici.

I benefici dell’attività fisica. La prima relazione è stata quella di Giampaolo Magro, diabetologo dell’Ospedale S. Croce e Carle di Cuneo, il quale ha messo l’accento sui vantaggi che la persona diabetica trae dallo svolgimento regolare dell’attività fisica che pare essere addirittura più benefica per chi è colpito dalla malattia che per il resto della popolazione. E questo vale anche per l’escursionismo in montagna. E’ ovvio però che questo è vero solo a patto che la persona diabetica tenga controllata con la massima accuratezza la glicemia, in quanto tale monitoraggio costituisce il primo grande pilastro della cura. L’ altro imperativo irrinunciabile a cui il diabetico non deve sottrarsi impone il recupero e poi il mantenimento del peso ideale. Sovrappeso e obesità incrementano infatti i rischi a carico dell’apparato cardiocircolatorio e di numerosi altri organi, a cui il diabete per sua caratteristica apre la strada. “Si può senza dubbio affermare che l’attività fisica rappresenta una vera e propria terapia che deve essere prescritta dal medico, e che, a volte, si rivela più efficace di un farmaco ipoglicemizzante”, ha affermato Magro sottolineando che il miglioramento dello stile di vita da solo rappresenta un’efficace terapia. “La condizione fisica della persona diabetica è strettamente correlata alla durata della vita”, ha sottolineato il relatore. “Da evitare assolutamente il rischio di sviluppare la sindrome metabolica (vedi riquadro al piede), in presenza della quale è particolarmente alto il pericolo di andare incontro all’infarto del miocardio”. Da non trascurare, secondo il diabetologo, gli aspetti psicologici della malattia: è importante affrancare la persona dalla sensazione di essere invalida. “Per quanto riguarda l’esercizio fisico deve, comunque, essere controllato e supervisionato”. Di fatto, fare movimento con regolarità determina una diminuzione della pressione arteriosa e dei livelli di colesterolo nel sangue, aiuta a combattere l’obesità, previene l’osteoporosi o ne limita la progressione. L’attività fisica o, più precisamente la sua intensità, deve essere personalizzata, tenendo conto delle capacità individuali. I rischi legati al diabete di tipo 2 sono l’ipoglicemia (con conseguente rischio di infortunarsi), gli eventi cardiovascolari acuti e l’aggravamento delle complicanze croniche. Posto questo, in generale l’attività fisica va consigliata a tutti i diabetici in modo costante, almeno tre volte alla settimana con ogni condizione atmosferica, raccomandando il monitoraggio della glicemia prima, durante e dopo l’esercizio fisico.

L’organizzazione “Diab3king” si occupa di escursioni in montagna per ragazzi con diabete

L’esperienza del Diab3king. Le cuneesi Valeria De Donno, pediatra, Stefania Brovero, dietista, e Stefano Arlotto, pure dietista, hanno tenuto la seconda relazione, parlando dell’esperienza del “Diab3king”, ovvero delle escursioni in montagna organizzate per ragazzi con diabete di tipo 1. Il diabete di tipo 1, detto anche giovanile, costituisce il 90% dei casi di diabete in età evolutiva. L’esordio è rapido, dovuto alla carenza assoluta di insulina a sua volta determinata dalla sua mancata produzione da parte del pancreas. Si tratta, tuttavia, di una malattia cronica curabile, attuando una prevenzione secondaria delle complicanze. Fondamentale per una soddisfacente qualità della vita, è l’autogestione corretta del problema, che sta a significare dosaggio dell’insulina, alimentazione adeguata, e attività fisica, quindi è a questo che si deve mirare anche curando la formazione degli operatori. Il monitoraggio “in continuo” della glicemia, tramite l’utilizzo di sensori, ha prodotto ottimi risultati, riducendo il margine di errore in relazione all’assunzione di insulina. Occorre comunque che il giovane diabetico segua un’alimentazione sana ed equilibrata. Al riguardo, è opportuno quando si organizza un’escursione prendere contatti con i gestori dei rifugi, che devono conoscere bene le esigenze dei partecipanti, come può essere quella di consumare colazioni salate. L’alimentazione va correlata con la terapia ed è di fondamentale importanza che durante le escursioni i ragazzi bevano 200 ml di acqua ogni 20 minuti, per prevenire la disidratazione e la comparsa della sete.

Effetti dell’acclimatamento. La relazione del diabetologo dell’Ospedale Santa Chiara di Trento Massimo Orrasch si è concentrata sulla questione del diabete in alta quota. “Un’esposizione di breve durata (2-3 giorni) all’alta quota è seguita da un aumento transitorio della glicemia, determinato da un ‘attivazione del sistema simpatico, mentre una esposizione più lunga (più di una settimana) determina più basse concentrazioni di glucosio plasmatico, dovute a una migliorata sensibilità insulinica e a un’aumentata disponibilità di glucosio a livello periferico”, ha spiegato Orrasch, sottolineando, poi, che con un prolungato esercizio fisico in alta quota l’insulina diminuisce. “Dopo un’ascesa graduale in alta quota la sensibilità dell’insulina aumenta. Si assiste a una diversa oscillazione glicemica tra alpinisti sani e alpinisti diabetici. In alta e altissima quota è necessario adattare la terapia insulinica”. La prima settimana in alta quota la glicemia aumenta a causa della risposta ormonale alla carenza di ossigeno (catecolamine e cortisolo). Vi sono fattori confondenti – età, indice di massa corporea (BMI), attività fisica abituale, assunzione di carboidrati – che alterano l’equilibrio glicemico. Vanno rispettate le tappe dell’acclimatamento per evitare eccessivi sbalzi della glicemia. L’alimentazione deve essere gestita in modo idoneo. In spedizione di solito si mangia male e si beve peggio. Grande attenzione va posta alla conservazione dell’insulina, che è importante tenere al riparo da freddo e caldo eccessivi, custodendola vicino al corpo. Naturalmente si deve anche tener conto di eventuali interferenze metaboliche legate all’uso di altri farmaci, come per esempio l’acetazolamide, che viene assunto per combattere il male acuto di montagna; in una simile eventualità il farmaco determina una diminuzione dei bicarbonati nel sangue, che hanno un effetto tampone.

L’insulino-resistenza in montagna. “In quota si verifica uno stato di insulino-resistenza causato dalla diminuzione dell’ossigeno (ipossia). Oltre i 5000 metri il fabbisogno di insulina aumenta”, ha specificato il diabetologo trentino, spiegando che anche per questa ragione si deve fare attenzione ai cibi liofilizzati che hanno un indice glicemico molto alto. Si deve, inoltre, anche tener conto della quota per i problemi che può causare ai glucometri, strumenti che controllano la glicemia. E’ raccomandabile non porre nello zaino, ma tenerli vicino al corpo. Oltre i 3000 metri di quota i normali glucometri sottostimano i valori glicemici. E’ meglio utilizzare i glucometri che impiegano la glucosio-riduttasi, misurando la glicemia in modo più attendibile, evitando le interferenze causate dall’alta quota. Oltre i 5000 metri il fabbisogno di insulina aumenta. In alta quota vi è un predominio degli ormoni controregolatori (adrenalina, noradrenalina e cortisolo), che influiscono sul metabolismo glicidico. E’ importante avere sempre a disposizione il glucagone. Si deve tener conto che in alta quota un aumento dell’emoglobina glicosilata può causare problemi nel diabetico poiché trasporta meno ossigeno. Importante è avere una maggiore consapevolezza e una maggiore conoscenza della tecnologia per meglio utilizzare gli strumenti di cui si dispone. Non sembra che la prevalenza del male acuto di montagna sia più elevata tra i diabetici.

Campi scuola per ragazzi. Sono intervenuti, poi, il pediatra diabetologo di Alessandria Riccardo Lera e Michela Trada, pediatra diabetologa di Torino, per parlare dei campi scuola per i ragazzi diabetici, una realtà che dura da quasi trent’anni e che è molto importante ai fini dell’educazione sanitaria. I campi scuola risalgono al 1925 e si devono all’infermiera Elisabeth Devine. Un controllo metabolico idoneo riduce le complicazioni vascolari causate dal diabete. Va promosso l’insegnamento ai giovani diabetici dell’autogestione e dell’autocontrollo, cercando di sviluppare l’autostima e l’autonomia in caso di assenza dei genitori. I campi scuola durano di solito non meno di una settimana. Si tratta di un lavoro di equipe che prevede la presenza di vari operatori tra cui pediatri, diabetologi, infermieri, psicologi e dietisti. Prevalentemente si svolgono in montagna. Il campo può essere considerato una “perla educativa”. Riccardo Lera ha sottolineato che Attualmente si registrano problemi di costi e carenza di personale sanitario. Ci si avvale, dunque, dell’aiuto delle associazioni di volontariato, in grado di colmare alcune carenze organizzative. I campi scuola vengono solitamente organizzati nel periodo estivo.

Il Fitwalking è una camminata rapida ed efficace, facilmente misurabile, modulabile nell’intensità, adatta allo svolgimento in gruppo, gestibile in autonomia con l’aiuto di un “walking leader”.

Il fitwalking. Alessandra Ardizzone, diabetologa dell’ASL di Cuneo 1, ha, poi, descritto l’esperienza del “Diab3king”, parlando di fitwalking e di diabete. Il Fitwalking è una forma di camminata più rapida ed efficace, semplice da apprendere, facilmente misurabile, modulabile nell’intensità, accessibile, adatta allo svolgimento in gruppo, gestibile in autonomia con l’aiuto di un “walking leader”. Nell’ASL di Cuneo 1 vengono seguiti circa ventimila diabetici. Il 65% dei pazienti affetti da diabete di tipo 2 ha più di 65 anni. Il 40% è obeso, mentre molti soggetti sono in sovrappeso. Metà dei soggetti pratica attività fisica, mentre oltre il 30% è inattivo nel corso della giornata. Va evitata la sedentarietà definita come lo stare almeno otto ore al giorno a riposo seduti con dispendio energetico molto basso. Molto importante l’”esercizio-terapia”. Notevole la valenza della camminata: si è calcolato che nel corso di due anni 5 chilometri di cammino al giorno riducono il consumo e, quindi, l’investimento economico per i farmaci.

Il diabete non ha impedito all’alpinista vicentino Marco Peruffo di raggiungere gli 8189 metri del Cho Oyo (foto in apertura).

Importanti testimonianze. Alberto Formentini, atleta diabetico, ha raccontato di aver intrapreso in bicicletta il lungo tragitto tra la Sacra di San Michele in Piemonte e l’Abbazia di Mont Saint Michel in Francia. L’atleta ha affermato che da una difficoltà può nascere una opportunità. Il convegno ha registrato, moderato da Ornella Giordana di Torino, altri interventi. L’alpinista Marco Peruffo di Vicenza, 49 anni e da 40 diabetico, ha voluto portare la sua testimonianza, mostrando in un video tutte le sue salite, compresa la vetta di un ottomila. L’alpinista ha parlato di libertà, divertimento, leggerezza, progettualità, gradualità, limite e controllo, longevità. Ha parlato di come la tecnologia è evoluta negli anni e di come evolverà ancora nel tempo. Nel corso delle spedizioni per oltre del 50% del tempo i valori glicemici si sono mantenuti entro un range accettabile (euglicemia). Ha detto di non usare l’infusore e di praticare 5 somministrazioni di insulina al giorno. Nel corso delle sue esperienze alpinistiche in giro per il mondo è sempre stato in buon compenso senza complicanze gravi. Marco Battain, presidente della Commissione Medica Regionale LPV del CAI, ha infine parlato di “Montagna che aiuta”, una realtà nata in Piemonte nell’ambito terapeutico-riabilitativo. Un’attività che si collega alla montagnaterapia in vari tipi di disabilità, comprendenti anche il diabete.

Gian Celso Agazzi

Nota: recenti linee-guida per i diabetici che frequentano la montagna in “High Altitude Medicine & Biology, Vol. 20, No 1

 

  • LA SINDROME METABOLICA. Secondo le linee guida National Cholesterol Education Program la diagnosi di sindrome metabolica si pone prendere in considerazione cinque parametri: circonferenza vita, pressione arteriosa, colesterolo HDL, trigliceridi, glicemia. La diagnosi viene fatta se sussistono tre delle seguenti condizioni: circonferenza vita maggiore di 102 centimetri nell’uomo e di 88 centimetri nella donna• Pressione del sangue e superiore o uguale a 130 per la massima e a 85 per la minima (donne e uomini) • Colesterolo HDL (buono) inferiore a 40 milligrammi per decilitro di sangue (uomini) o a 50 milligrammi per decilitro di sangue (donne) • Trigliceridi superiori a 150 milligrammi per decilitro di sangue (donne e uomini) • Glicemia superiore a 110 milligrammi per decilitro di sangue (donne e uomini)

Commenta la notizia.