Pazzi per il Monte Bianco

Erano pazzi questi inglesi. Pazzi per il Monte Bianco. Fu un vero assalto quello che nella seconda metà dell’Ottocento scatenò da Oltre Manica un medico londinese, un certo Albert Smith. Colpa un po’ anche sua, viene da domandarsi, se oggi l’assalto dei turisti, non solo britannici, tocca sul Bianco livelli insostenibili e un sindaco francese impone divieti e annuncia salite alpinistiche col ticket? A Smith dedica un’incantevole mostra a Torino il Museo della Montagna raccontando come con mille espedienti abbia scatenato a Londra la “Mount Blanc Mania” aprendo così le porte allo sfruttamento commerciale delle montagne. La storia prende avvio nel 1851 con la quarantesima salita del Monte Bianco compiuta da Smith, che fece affari d’oro descrivendo la propria esperienza e spettacolarizzandola alla sontuosa Egyptian Hall di Londra nel corso di applaudite conferenze-spettacolo intitolate, modestia a parte, “Mr. Albert Smith’s Ascent of Mont Blanc”.

Albert Smith (1816-1860). In alto la conquista della vetta del Bianco immaginata da George Baxter in un quadro dell’Ottocento.

Smith diede fondo al repertorio teatrale dell’epoca con diorami, giochi di luce, canzoni, narrazioni e imitazioni. Scrisse libri appassionanti che alimentarono a loro volta la corsa alle Alpi favorita dalle nuove linee ferroviarie e dall’intraprendenza dell’impresario Thomas Cook che subito vide nel turismo alpino una risorsa per la sua compagnia di viaggi. Aveva evidentemente il bernoccolo degli affari mr Smith e produsse una grande varietà di oggetti collegati al Monte Bianco, compreso un gioco da tavolo oggi riprodotto alla perfezione e messo in vendita come gadget dallo stesso museo che organizza la mostra aperta fino al 14 ottobre al Monte dei Cappuccini di Torino. Dell’esposizione sono artefici Marco Ribetti e Mario Scarzella che hanno anche riprodotto in scala un teatrino alla maniera di Smith dove è possibile assistere a un filmato con immagini d’epoca e animazioni recenti. Tutto nel materiale esposto evoca il Monte Bianco, ne rappresenta la magia vista con gli occhi di quei nostri antenati: piatti di ceramica, ventagli, giochi da tavolo, manifesti, lanterne magiche, centrini da tavolo, peep show in cui, osservato attraverso un buco con una lente, il Bianco sembra di toccarlo.

La raccolta di amenità che appare oggi agli occhi del visitatore è frutto di un lavoro durato anni, una collezione fra le tante del Monte dei Cappuccini, ma un tesoretto che nella madre patria di mr Smith non trova riscontri e che Oltre Manica perciò ci invidiano. Uno dei tanti miracoli di questo museo ora affidato alla guida di Daniela Berta. Naturalmente nell’allestimento c’è lo zampino, cioè la passione e l’estro, di Aldo Audisio che per una quarantina d’anni è stato direttore al Monte dei Cappuccini e per la circostanza firma con Veronica Lisino un catalogo di 432 pagine, corredato da un ricco apparato iconografico. I testi in edizione trilingue – italiano, francese e inglese – sono dello stesso Audisio, Darren Bevin, Angelo Recalcati, Laure Decomble e Lucinda Perrillat-Boiteux, Alessandra Ravelli, Veronica Lisino, Donata Pesenti Campagnoni, Ulrich Schädler, Tony Astill, Francesca Villa, Roberto Mantovani e Leonardo Bizzaro.

Il catalogo della mostra aperta fino al 14 ottobre al Monte dei Cappuccini.

L’aspetto più originale di questa mostra riguarda gli effetti scaturiti dal “messaggio” diffuso da Smith. Estintasi la “Mount Blanc Mania”, cominciò infatti a circolare nei salotti borghesi la passione per la montagna, per l’esotico e per l’esplorazione, alimentata da imprese mediatizzatissime compatibilmente con la diffusione dei media dell’epoca. Ciò che emerge è come, nel periodo che va dagli ultimi decenni dell’Ottocento all’inizio del Novecento, fossero soprattutto l’Artide e l’Antartide, la corsa all’oro nel Klondike e le vette dell’Himalaya – in particolare l’Everest – ad accendere la curiosità dell’uomo comune: quella curiosità venata d’ingenuità che il museo cerca ora di riaccendere recuperando vecchie stampe, fotografie, programmi e libretti di sala, spartiti musicali, articoli di cronaca, teatrini e macchine ottiche, lanterne magiche, piatti, giochi, ventagli. Insomma, tutto il repertorio messo a frutto da Smith l’incantatore.

Sta di fatto che lo spettacolo di Smith venne replicato a Londra fino al 1858 con la bellezza di duemila repliche, riuscendo a trasportare… il soffio delle bufere del Monte Bianco fin sulle rive del Tamigi. “The Times” fu il primo a parlare di “Mount Blanc Mania” quando ci si accorse che folle di visitatori inglesi si riversavano nella Valle di Chamonix alla ricerca del “vero” paradiso terrestre, non quello descritto con la cartapesta e le lanterne magiche da Smith. E quando nel 1857 a Londra venne fondato l’Alpine Club, le Alpi furono ormai qualcosa di familiare per molte persone anche grazie a quest’uomo barbuto e accigliato che morì nel 1860, a soli 44 anni, e chissà quante altre ne avrebbe escogitate se fosse vissuto in buona salute qualche anno di più. (Ser)

Commenta la notizia.