Elogio del mirtillo
Nell’odierno arrembaggio consumistico a cui sembra soggetta la montagna si legge con particolare piacere l’elogio della semplicità che l’americano Henry D. Thoreau (1817-1862) ci regala con il suo “Mirtilli o l’importanza delle piccole cose”, un inedito scritto nel 1860 e ora tradotto per Lindau da Vincenzo Perna (85 pagine in piccolo formato, 9,50 euro). Nella sua ricerca della semplicità che culmina nel capolavoro “Walden, ovvero la vita nei boschi” (Bur), Thoreau consiglia di godersi la vita basandosi sulle “piccole cose”: come appunto i mirtilli che rappresentano un fecondo contatto con la natura e si prestano a confezionare squisite torte e tisane terapeutiche. Viene in mente che in Svezia la zuppa di mirtilli (blabarsuppe) è considerata un toccasana per chi d’inverno se ne per i boschi con gli sci, macinando i novanta chilometri della Vasaloppet: in gara la zuppa non a caso viene generosamente somministrata ai partecipanti e i benefici effetti non tardano a farsi sentire. Le foreste, del resto, sono piene di mirtilli, comprese quelle delle Alpi, e i cercatori non si danno pace finché non hanno riempito capaci recipienti talvolta usando un particolare pettine che, salvo errori, non dovrebbe essere ammesso dai regolamenti forestali.
Thoreau esalta quel “popolo dei mirtilli, refrattario ad adottare le idee delle città”, che agli inizi di agosto si ritrova per celebrare il rito della raccolta. Le bacche però non si possono però più raccogliere liberamente nei boschi, lamenta lo scrittore, ovunque sorgono steccati e cartelli con divieti. C’è di mezzo il commercio che avanza con le sue leggi ed è cosi che le “gradevoli bacche si trasformano in denaro”. Tutto, ci suggerisce Thoreau, si riduce a una questione di soldi e di “utilità” senza più spazio per la bellezza e il contatto diretto con la natura. Mentre la natura, conclude ottimisticamente, fa ogni giorno del suo meglio per farci star bene. (Ser)