Rifugi e bivacchi, i nuovi scenari

Ci sono volute la sapienza e la dedizione di tre giovani architetti appassionati di montagna e di alpinismo per colmare una lacuna oggi ormai inconcepibile. Ora può dirsi una realtà senza precedenti il libro della Hoepli che presenta oltre 50 rifugi e bivacchi dell’arco alpino: “Rifugi e bivacchi. Gli imperdibili delle Alpi” di Roberto Dini, Luca Gibello e Stefano Girodo ci conduce tra strutture storiche e modernissime o addirittura futuristiche trattando di architettura, storia e paesaggio in un illustratissimo compendio che spazia al di qua e al di là dei confini geografici. Il linguaggio è sobriamente tecnico e descrittivo, ma ogni tipo di lettore appassionato di montagna può essere attratto da questo saggio “sull’abitare l’estremo” che tocca molti tasti, compresa la sociologia. Come precisa nell’introduzione Antonio De Rossi, architetto e docente ordinario di progettazione architettonica al Politecnico di Torino, la storia dei rifugi dal momento della loro “invenzione” a fine Settecento fino a oggi permette quasi di scrivere una storia delle società europee da un punto di vista capovolto e inatteso, mettendo in evidenza innovazioni tecnologiche, trasformazioni culturali e modi di concettualizzare il paesaggio alpino.

I grandi mutamenti prodotti dal cambiamento climatico interessano inevitabilmente anche i territori d’alta quota. Carenza idrica, eventi idrogeologici estremi, innalzamento della quota neve sono fenomeni che stanno mettendo a dura prova l’abituale fruizione dell’alta montagna e le strutture ad essa correlate (rifugi, bivacchi, percorsi d’alta quota, vie alpinistiche ecc.), con ripercussioni sulla sicurezza, sulla frequentazione alpinistica e turistica e, dunque, sull’economia della montagna. Sull’argomento si è discusso a Courmayeur il 16 maggio 2018 in occasione di un simposio organizzato dalla Fondazione Courmayeur Mont Blanc. Nella foto sopra il titolo il rifugio Garelli nelle Alpi occidentali, qui il Gonella al Monte Bianco.

Gli autori non trascurano certo la storia “strutturale” dei rifugi riannodando fondazione, ristrutturazione e riedificazione, sottolineando peculiarità architettoniche e talvolta qualche inconveniente che la tecnologia è riuscita solo in parte a risolvere. Si tratta pur sempre di strutture che si inseriscono in una natura ostile sfidando talvolta le regole dell’estetica generalmente accettate in una costante ricerca che richiama l’attenzione sulla questione rifugi come mai era successo in altre epoche. Possono piacere o non piacere strutture come l’argentea Monte Rosa Hutte o il bivacco stile carlinga di jet dedicato a Gervasutti sul Frebouze, e non suscita particolari entusiasmi la sagoma squadrata della nuova Hoernli al Cervino. Ma grazie a questo libro e alle schede monografiche di cui è composto, ciascuno può farsi un’idea più precisa di un patrimonio collettivo sicuramente da conoscere e valorizzare. Ed esprimere giudizi sicuramente circostanziati (Ser)

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