Bondasca, valle perduta. La Svizzera chiude i rifugi
Il supplizio del Pizzo Cengalo, 3367 m, nelle Alpi Retiche, purtroppo non si è concluso con l’apocalittica frana scesa dalla parete nord est il 23 agosto 2017. Ci saranno altri crolli, quando però non si sa. Intanto nell’estate 2018 per decisione del Club Alpino Svizzero rimangono chiusi i rifugi Sciora e Sass Fourà in val Bondasca. Impossibile sarà mettere piede in questa valle perduta dove il giorno del crollo sono rimasti sepolti otto escursionisti che scendevano dalla Sciora. Sono anni, del resto, che il Cengalo cade a pezzi. Nel luglio 2011 s’era verificato un primo crollo, sempre sulla parete nord est. Quella volta la frana aveva raggiunto e superato il sentiero cosiddetto del “Vial”, che collega la capanna Sciora, posta a 2.336 metri, alla Capanna Sasc Furä, posta a 1.904 metri di altitudine. A farne le spese, lo ripetiamo, è ora la piccola, incantevole Val Bondasca, non più frequentabile chissà per quanto. “Bisognerebbe capire cosa realmente c’è ancora in bilico sulla parete del Cengalo ma non credo sia così facile e se lo si può fare occorrerà del tempo”, dice Giuseppe Popi Miotti che al Cengalo è particolarmente affezionato, da quando su quella parete che tanti guai sta provocando l’alpinista e scrittore valtellinese ha tracciato nell’inverno del 1987 con il compianto Tarcisio Fazzini la bellissima via “Cacao meravigliao”.

“Parliamoci chiaro”, dice Miotti con aria affranta, “Per il 2018 non resta che scodarsi la Bondasca”. Il destino di questa valle in territorio svizzero il cui stretto ingresso si trova alle spalle del paesino di Bondo in Val Bregaglia è più che mai legato alle ire del Cengalo. “Quest’inverno si sentì dire che qualcuno, per accelerare i tempi, avrebbe proposto un disgaggio alla dinamite”, racconta Popi. “E ci si poteva anche credere perché gli svizzeri se decidono di fare qualcosa lo fanno”. Resta comunque difficile accettare che un lembo di paradiso come questo, a cui finora si è potuto accedere in macchina con una stradina sterrata a pagamento, possa risultare, sia pure provvisoriamente, cancellato dalle mappe. La Bondasca è nel cuore di tanti escursionisti e i ricordi si accavallano nella memoria nel ripensare alle splendide gite compiute nella zona. E’ ancora vivo e vegeto chi racconta di quando il pedaggio lo si pagava, prima che fosse installata una colonnina automatica, nell’emporio di Dino Salis, amabile figura di montanaro con la sua lunga barba, sempre disposto a fornire aggiornamenti sulla situazione di quel mondo di granito di cui era un’impeccabile vedetta. Così come una vedetta lo era, in perfetto accordo con Dino, la leggendaria Vera Cenini che dai Bagni del Masino, sull’altro versante del Cengalo e del Badile, esercitava la stessa funzione come capostazione (una donna, la prima nella storia!) del Soccorso alpino.
Dino a Vera erano i primi ad allertare il soccorso quando qualche cordata era in difficoltà e ci si può rendere conto di quanti alpinisti debbano la vita a questi due signori che mai forse si sarebbe aspettati una volta saliti nel Regno dei Cieli, dove ora ci va di immaginarli, di assistere e un simile cataclisma. Tra le vittime del Cengalo risulta, e piange il cuore dirlo, anche il pittoresco “Vial”, il tratto di sentiero che dal rifugio Sciora portava dritto dritto ai piedi dello spigolo Nord del Pizzo Badile e al rifugio Sasc Fourà. Si trattava, come tanti ricorderanno con rimpianto, di una traversata a mezza costa su una facile cengia. Un percorso che, passando sulle grandi morene ai piedi dei ghiacciai della Bondasca e del Cengalo, terminava sotto la parete rocciosa che costituisce la propaggine inferiore della liscia lavagna del Pizzo Badile.
Qualche tempo fa la rivista Skialper anticipò sul web (vedere il link qui sotto) che alla capanna Sciora sarebbe stato ben presto possibile accedere ma solo dal versante dell’Albigna attraverso il passo di Cacciabella. Per il Sasc Furä invece le cose si sono subito presentate più complicate. In previsione era stato messo, a quanto si dice, un nuovo sentiero: partendo in prossimità del primo tornante della carrozzabile, sarebbe salito da Bondo passando dall’Alpe Cugian e dall’alpeggio di Lera per poi collegarsi nel bosco, sotto al rifugio, con il vecchio e impervio itinerario di salita. Non se ne farà niente e non resta che mettersi il cuore in pace. Per ritrovare la valle (provvisoriamente?) perduta della Bondasca bisognerà ancora aspettare. E chissà per quanto. (Ser)
Per saperne di più:
https://alpinesketches.blog/2017/12/12/la-grande-frana-del-cengalo/
