Grazie Bruno, ci hai fatto amare la montagna
La Società Alpinisti Tridentini in collaborazione con Trento Film Festival celebra a dieci anni dalla scomparsa Bruno Detassis, l’imperatore del Brenta, con una mostra sulla figura umana dell’alpinista allestita in parte nello Spazio Alpino SAT e in parte a Palazzo Trentini. Oltre alla mostra è in programma una serata evento giovedì 3 maggio 2018 all’Auditorium Santa Chiara di Trento alle 21. Autori della kermesse sono Adriano Dalpez, già presidente della Camera di Commercio di Trento, istruttore di alpinismo e grande amico e biografo di Detassis e Riccardo Decarli, scrittore e bibliotecario SAT, mentre curatore della mostra è Roberto Festi. Il materiale esposto in sei vetrine deriva per la maggior parte dall’archivio della famiglia Detassis, dai figli Claudio e Jalla: quindi vecchie foto, articoli di quotidiani e riviste degli anni ’30, i libretti di Guida Alpina, gli sci della famosa attraversata delle Alpi del ’56, un sacco bivacco cucito dalla moglie Nella, maestra di sci, e ancora la sua piccozza e i suoi chiodi di roccia.

Parlava lentamente, solennemente Bruno. “Della montagna bisogna sempre avere paura. Io però paura non l’ho mai avuta. Perché alla montagna non ho mai regalato il mio io, la parte più profonda di me. Prima di aprire una via, di fare una scalata, guardavo la parete per giorni interi, la studiavo, cercavo di conoscerla, di scoprire i suoi segreti. Ecco, la montagna bisogna guardarla prima di salire, sia per arrampicare, sia per fare una via facile, anche una ferrata. Bisogna misurarla con l’occhio per abituarsi a lei anche con l’animo. Perché se è vero che si sale con le mani e con le gambe, la sicurezza, quella vera viene dall’animo…Certo, qualche volta ho sbagliato. Ma in qualunque attività umana si sbaglia. L’importante è che dall’errore derivi la scelta del giusto”. Sono schegge di antica sapienza montanara quelle che Detassis elargiva a 93 anni alla fine dello scorso millennio. Ormai privo della vista, continuava a vivere un rapporto intenso con il suo Brenta che da Madonna di Campiglio “intuiva” più che vedere con suoi occhi ormai spenti. Al rifugio Brentei dove la dynasty dei Detassis ha rappresentato a lungo un punto di riferimento per alpinisti e appassionati di montagna salgono ogni estate non meno di diecimila persone: esperti, scolaresche, coppie e coppiette, tipi con i jeans rotti, i capelli lunghi e lo sguardo assente. Per tutti Bruno ha sempre avuto una parola, un consiglio.

Il suo spirito umanitario ne faceva un campione della nobilissima stirpe dei soccorritori. Il primo riconoscimento ricevuto risale al 18 novembre 1947 quando a Milano, all’Albergo dei Cavalieri, Detassis scese dalla sua Madonna di Campiglio a ritirare l’Ordine del Cardo, una stella a sette punte al cui centro è raffigurato il cardo alpino: un premio assegnato solennemente negli anni del dopoguerra ai gesti di solidarietà più significativi in montagna. “Il suo curriculum vitae di preziosa guida, sovente ha superato il limite del coraggio e di abnegazione proprio della gente di montagna, prodigandosi in innumerevoli salvataggi con cuore generoso, con umile servitù”, era scritto nella motivazione stilata da Sandro Prada. Nell’87 Angiolino Binelli gli conferì a Pinzolo la Targa d’argento per la Solidarietà alpina. “La montagna non è sport, l’alpinismo non è competizione, è passione verso il gigante mai domo”, sosteneva nella sua saggezza l’imperatore del Brenta, il custode di tante sacre memorie, il protagonista d’imprese leggendarie, un uomo che come pochi ha saputo fare amare la montagna (Ser)
“La montagna non è sport, l’alpinismo non è competizione, è passione verso il gigante mai domo”… come sono cambiati i tempi… e alcuni (forse troppi?) “alpinisti”…