Nei menu la storia (golosa) dell’alpinismo

Fino al 18 marzo 2018 è aperta a Torino, al Museo nazionale della montagna, la mostra “Menu delle montagne”, un viaggio sulle tavole degli alberghi e dei ristoranti di molti Paesi del mondo, in diverse epoche e per diversi livelli sociali, dagli anni Sessanta dell’Ottocento a oggi. “Menù delle montagne” a cura di Aldo Audisio è anche l’undicesimo di una serie di volumi dedicati al Centro documentazione del museo (editi da Priuli & Verlucca con il Museo stesso), con i quali si vuole valorizzare un patrimonio che negli ultimi trent’anni ha avuto un incremento enorme. Un ricco apparato iconografico a colori di 444 pezzi, scelti tra quelli più significativi della collezione, è accompagnato da una serie di saggi, in italiano e in inglese, di autori vari che indagano i rapporti tra cibo e mondo alpino, creando un percorso iconografico dove ancora una volta le montagne sono protagoniste. Tutti gli eventi più importanti del Club Alpino Italiano – in particolare i congressi nazionali – sono scanditi da pranzi o cene. E la stessa cosa accade per diversi altri gruppi alpinistici, escursionistici italiani, francesi e svizzeri. Più tardi sono le grandi imprese alpinistiche a essere festeggiate e celebrate, e non è raro che sui menu di quegli eventi si trovino anche le firme dei protagonisti. Tra i menu legati alla storia dell’alpinismo un ghiotto cimelio emerge dalle raccolte del museo. Riguarda l’epilogo…gastronomico della trionfale conquista della parete nord del Cervino realizzata nel 1931 dai fratelli tedeschi Franz (1904-1992) e Toni (1909-1932) Schmid. La cittadinanza di Zermatt, che due giorni prima li aveva accolti trionfalmente malconci ma trionfanti dopo la scalata, organizzò infatti in loro onore il 3 agosto un banchetto luculliano nei saloni dell’Hotel Mont Cervin. Il menu-gourmet è controfirmato dai fratelli Schmid. Ecco la sequenza delle portate diligentemente battute a macchina: consommé double madrilène, langue de boeuf aux épinards, timbale de poulet maison, salade, chou-fleur polonaise, bombe Mont-Cervin avec friandises.

Si può immaginare con quanto entusiasmo Toni e Franz abbiano fatto onore a tutte le portate dopo essersi ripresi dalla tormentata esperienza conclusa ai piedi della grande croce sommitale tra fulmini e saette. “Lo stomaco che protesta”, hanno scritto nella loro relazione, “viene calmato con una tavoletta di cioccolato…Entriamo in Zermatt festante, l’intera popolazione ci accoglie con un immenso entusiasmo”. Anche il partito nazista tributò agli Schmid grandi onori, e una medaglia d’oro la ricevettero nel 1931 ai Giochi olimpici di Los Ageles. Dopo 34 ore sulla parete, con un bivacco trascorso in piedi, Franz e Toni giunsero sulla cima in piena tempesta e dopo una discesa problematica raggiunsero il rifugio Solvay dove aspettarono altre 36 ore prima di poter riprendere la via di Zermatt. Oggi lo svizzero Dani Arnold ha dimostrato che quella stessa salita si può fare in solitaria senza corda in un’ora e 46 minuti. Ma forse presto qualcuno farà di meglio.(Ser)