Thoeni, un italiano vero. Altro che passaporto austriaco
“Tedesco io? Non scherziamo”. Nonostante le apparenze, le radici, la lingua e le tradizioni? “Certo, è naturale, provenendo da un paese e da una valle di confine, avere ascendenze germanofone, ma questo non mi rende meno italiano rispetto a un romano, a un milanese o a un siciliano. Ora, e quando ero un atleta. Ho sempre rispettato il tricolore, l’inno di Mameli e l’azzurro: sono la mia casa e i miei colori”. Così Gustav Thöni ha risposto ai giornalisti a proposito dell’idea viennese del doppio passaporto agli italiani di lingua tedesca. Quando nel 2007 venne coinvolto dal Museo della montagna in una mostra sulle glorie olimpiche che si sono cimentate come vedettes sugli schermi, Thoeni accolse con cordialità gli amici del Cai nel suo albergo in corrispondenza con un tornante della strada che da Trafoi sale allo Stelvio. Quassù una vetrina di grandi proporzioni accoglie il turista con decine e decine di coppe e trofei tirati a lucido. Appena entrati, in un quadro appeso sopra la reception è inconfondibilmente Gustavo Thoeni l’atleta che guizza tra i paletti come lui sapeva fare ai tempi della valanga azzurra.

L’antico albergo che ora porta il suo nome, quel tranquillo signore se lo è “cucito” addosso riempiendolo delle sue memorie sportive. Come i quattro globi di cristallo delle Coppe del mondo messi sotto chiave, ma bene in evidenza nelle bacheche della moderna sala da pranzo. Come il piccolo museo annesso alla hall con i cimeli che contano: i primi scarponi calzati all’età di quattro anni, quelli delle importanti vittorie olimpiche, i pettorali di Sankt Moritz, Sapporo e Kitzbuhel, le medaglie, gli sci marcati “Gustavo Thoeni” ormai introvabili… E’ sempre stato così Thoeni, uno dei più famosi sciatori del mondo, il tranquillo signore che nella reception consulta registri e distribuisce sorrisi. Riservato e schivo, ma con lampi d’irresistibile ironia. Duccio Tessari, che nel 1981 lo ha diretto nel film “Un centesimo di secondo”, lo ha descritto “simpatico, allegro, pignolo e anche un po’ casinaro”. E a quel suo piccolo mondo stretto fra i tornanti dello Stelvio e le pendici dell’Ortler, Thoeni è sempre stato legato in modo assoluto. E’ su quei campetti di neve che piano piano, sotto la guida del padre maestro di sci, è diventato campione. “Trafoi”, confida, “è un paese per famiglie, ben attrezzato, con scuole di sci e parchi gioco. Non è detto che ci vogliano grandi piste per far crescere dei veri campioni. Per riuscire bastano umiltà e grande passione”. Che bello sentirlo dire da un italiano vero. (Ser)