I nuovi montanari nella vetrina di BookCity
“Montagna, rifugio e megafono delle anime libere: ri – abitare” era il titolo dell’incontro con Maurizio Dematteis e Andrea Membretti ospitato il 17 novembre dalla libreria Hellisbook di Milano in occasione della rassegna BookCity che si è conclusa domenica 19. Si è parlato dei nuovi montanari, della scelta di andare a vivere nelle terre alte sulla scorta del libro “Via dalla città” di Dematteis, direttore della rivista “Dslivelli”. Sull’argomento mountcity ha chiesto a Dematteis e cortesemente ottenuto questa riflessione che in parte coincide con quanto detto il 17 novembre e che volentieri pubblichiamo.

In cifre l’inversione di tendenza nelle valli alpine
Viviamo un momento storico in cui si è verificata un’inversione di tendenza nei dati demografici relativi alle valli alpine italiane, che dopo decenni di forte spopolamento vivono oggi una fase di “timido ripopolamento”. Sono 212.656 le nuove residenze tra il 2001 e il 2011 nei 1.742 comuni alpini italiani (212.656 su 4,3 milioni di abitanti dell’area alpina/area Convenzione delle Alpi). Questo ovviamente non vuole dire che i problemi della montagna siano finiti, tutt’altro: ci sono ancora ben 22.000 kmq di tale area (cioè circa la metà) soggetta a spopolamento. Si tratta di ben il 18% del Nord Italia. Se poi si aggiungono gli Appennini e la parte montana delle grandi isole si arriva al 23% del territorio nazionale ancora a rischio spopolamento. Eppure se lasciamo da parte l’interpretazione statistica “dura e pura” per passare a un’analisi più umanistica e psicologica, ci accorgiamo che questo timido ripopolamento (+ 212.656 in dieci anni) fotografa un cambiamento epocale: un passaggio di testimone dal “Mondo dei vinti” a quello dei “Nuovi montanari”. Dove il “Mondo dei vinti”, che ci stiamo lentamente lasciando alle spalle, era contraddistinto da una visone bipolare che vedeva la difesa di un “ambientalismo museale” accanto alla promozione di un turismo di massa con logiche tipicamente industriali. Oggi sta invece venendo avanti in maniera prepotente l’epoca dei “Nuovi montanari”, caratterizzata non più da una visione bipolare e in contraddizione, ma dalla nascita di laboratori di innovazione per uno sviluppo endogeno sostenibile che si accompagna alla valorizzazione del paesaggio come bene comune che tiene insieme tutte le attività: sociali, economiche, culturali.

Cosa ha provocato questo cambiamento? Partiamo dai due grossi fenomeni che hanno investito le terre alte negli ultimi 50 anni, trasformandole in quello che possiamo osservare oggi: sono la fine del modello tradizionale, travolto in modo inesorabile dal modello industriale-urbano, e lo spopolamento e abbandono del territorio. Nell’epoca dei “Nuovi montanari”, c’è chi è in grado di leggere questi fenomeni positivamente, con occhi nuovi. Perché se il modello tradizionale oggi non esiste più questo fa si che rimangano degli “spazi vuoti” per sperimentare nuove formule, per mettere in atto nuovi laboratori di sviluppo montani (e gli esempi lungo l’intero arco alpino non mancano). E se spopolamento e abbandono mettono in crisi il territorio, e anche vero che oggi in montagna c’è sovrabbondanza di materie prime naturali. Proprio quelle che in altri contesti di pianura scarseggiano sempre più. E che se utilizzate in modo responsabile, possono diventare dei “motori endogeni” per tutte le valli alpine italiane (e anche qui gli esempi non mancano). Si tratta di un vero e proprio cambio di paradigma. Perché la crisi economica, cominciata già oltre 50 anni fa, difficilmente passerà, e se questo avverrà non resterà certo tutto come prima. E allora bisogna pensare ad altri modelli di sviluppo partendo da quello che la montagna ha, da sempre: le materie prime.
Ma chi sono questi “Nuovi montanari”? La realtà dei “Nuovi montanari” è una realtà molto variegata, in cui possiamo trovare montanari per nascita che, come si diceva, non necessariamente devono venire da fuori, ma portatori di una nuova forma mentis. Neo-montanari che vengono da altre province, stati o continenti. E ancora pensionati, professionisti, pendolari, stagionali ecc.
Una delle componenti dei “Nuovi montanari” è sicuramente quella dei giovani che hanno lasciato le tre città simbolo del “Miracolo industriale” italiano, Torino, Milano e Genova, per andare a sperimentarsi in nuovi progetti di vita in montagna. Dei quali ho raccolto alcune testimonianze in una mia recente pubblicazione dal titolo “Via dalla città” (Derive&Approdi 2017).
Maurizio Dematteis