Come sentirsi di casa nelle Alpi
L’immagine di una ragazza africana che soffia allegramente nell’alphorn, lo strumento musicale tradizionale della Confederazione elvetica, è stata diffusa in questi giorni dal sito Swissinfo. La Svizzera vanta consolidate tradizioni di accoglienza e il 17 giugno, in occasione della Giornata nazionale del rifugiato, davanti alla stazione ferroviaria di Berna, i nuovi arrivati sono stati invitati a provare le loro abilità di yodler, sbandieratori, suonatori di corno delle Alpi o giocatori del tradizionale jass (gioco di carte).

La lezione è chiara. Solidarietà e integrazione sono valori troppo preziosi e vitali per perderli o dismetterli. Ma da questo punto di vista va segnalato che al di qua del crinale delle Alpi, in Piemonte, l’iniziativa elvetica è stata preceduta dall’episodio del Coro Moro. Qualcuno si ricorderà degli otto ragazzi provenienti da Gambia, Ghana, Costa d’Avorio e Senegal che si esibiscono in un repertorio davvero particolare. Cantano in dialetto piemontese o in franco provenzale canzoni di montagna come “La montanara”, “La bergera” e altri brani tipici e un discreto successo hanno ottenuto anche a Milano nel 2015, ospiti dell’Expo. Il dialogo interculturale e di solidarietà insomma continua nonostante le reiterate notizie di catastrofici sbarchi. Dell’accoglienza ai rifugiati nei comuni rurali del Piemonte si è discusso in maggio a Torino in un convegno organizzato da Compagnia di San Paolo, Regione Piemonte, Città Metropolitana di Torino, Associazione Dislivelli e Forum Internazionale ed Europeo di Ricerche sull’Immigrazione (Fieri). A quanto segnala Dislivelli, dei 125 mila e rotti rifugiati finora censiti in Italia, ben 50.762 (il 40,4 per cento) sono ospitati all’interno di zone montane (dove in Italia risiedono complessivamente circa 11 milioni di abitanti). La parte del leone, per quanto riguarda le accoglienze montane italiane, la fanno gli Appennini, con il 30,22% delle accoglienze a fronte del 10,29 delle Alpi. Chi vuole, rifletta. (Ser)