I narcotizzati del rotore
Il giornalismo ha le sue regole e c’è chi lo vorrebbe sempre equanime, indipendente, mai schierato. Ma l’eliski è uno di quegli argomenti che richiedono prese di posizioni ferme e decise. Perché non si può tollerare che la montagna invernale possa essere turbata dal rombo delle rotazioni, che chi se la vuole godere in santa pace debba fare i conti con questi barbari invasori motorizzati. L’argomento è al centro di un incontro sabato 11 febbraio 2017 a Lanzo Torinese fortemente voluto da Mountain Wilderness e questa è l’occasione per riparlarne. Anche perché a riaprire le ostilità è stato un articolo di Enrico Martinet sulla Stampa del 5 febbraio (“Ambientalisti contro appassionati: tempo di battaglia sull’eliski”) dove le ragioni pro e contro l’eliski sono equamente distribuite in due piccioli box, buffet e controbuffet, con quella discrezione venata di opportunismo che contraddistingue un certo modo di pensare piemontese. Il commento più intelligente a quanto pubblica La Stampa è probabilmente di Oscar Del Barba, architetto urbanista a lungo impegnato sul fronte ambientalista: “L’articolo ricalca gli schieramenti da bar, invece di documentare gli effetti dell’eliski sulla fauna: presentare l’eliski come opportunità, equivale ad affermare che la caccia è un’opportunità: sì, lo è: ma solo per i praticanti, cioè una infinita minoranza…”. Gli fa eco Giovanni Barbieri: “Non rientro certamente nella schiera degli ambientalisti (o almeno di quelli ‘duri, puri e intransigenti’). Trovo però l’eliski un’idiozia senza pari, specie se spacciata per opportunità a favore della montagna. Inutile dire quanto siano dannosi gli elicotteri in sorvolo sulla montagna e quando fastidiosi siano per chi la montagna la frequenta salendo su solo con la forza dei suoi muscoli”.
“Sarà un caso che il sindaco di Formazza è favorevole sia all’eliski che a Interconnector?”, si chiede Livia Olivelli editrice, scrittrice e alpinista. Possibile che l’eliski sia un balsamo per la montagna povera, non griffata come direbbe Mauro Corona? “Premesso che non sono un’esperta di economia, credo che la montagna povera sia tale perché non ha saputo sfruttare le proprie risorse. Si parla di Macugnaga. Bene, a Macugnaga non c’è un sentiero balcone, il rifugio Sella è inagibile da secoli, la cresta dello Joderhorn é misconosciuta e non c’è ristorazione di un certo livello. Siamo sicuri che quello che manchi é proprio l’eliski?”, si chiede Silvia Benaglia. “L’eliski”, sentenzia in ogni modo Martinet sulla Stampa, “resta un diavolo per gli ambientalisti e per il Cai, il Club alpino italiano”. Un diavolo? L’Italia è uno dei pochi paesi delle Alpi in cui la pratica del diabolico eliski viene consentita, sia pure fissando delle regole come ha fatto recentemente la Regione Piemonte. Le Province di Trento e Bolzano lo hanno vietato. Le guide alpine accompagnano i loro clienti in Veneto, Lombardia, Piemonte o Valle d’Aosta. Si può andare avanti con questa deregulation? Vale la regola dettata dal presidente del Cai Piemonte Michele Colonna: “In montagna, per noi, si va a piedi. Non c’è altro da aggiungere”. “Cavalcare il desiderio di quiete che popola il nostro cammino”, aggiunge Michele Comi, guida alpina valtellinese da tempo appassionatamente schierato contro l’eliski, “sembrerebbe ovvio ed economicamente vantaggioso per chiunque si occupi di accompagnamento nella natura, chiunque tranne i narcotizzati dal rotore, disusati inseguitori dell’alibi sempre più inconsistente della ‘valorizzazione’ commerciale della montagna”.
Qui una rassegna stampa sull’argomento compilata da Mountain Wilderness Italia:
http://www.mountlive.com/piemonte-varate-nuove-regole-per-leliski/
https://mountcity.it/index.php/2017/02/09/una-montagna-possibile-limpegno-della-regione-piemonte/
https://mountcity.it/index.php/2017/02/07/balmexperience-stop-alla-montagna-luna-park/
https://mountcity.it/index.php/2017/02/01/eliski-ma-a-certe-condizioni/