Spiro, addio a un grande

Nato a Losanna il 21 febbraio 1917 da una famiglia di origine greca, il triestino Spiro Dalla Porta Xydias è stato costretto per cause di forza maggiore a interrompere il suo cammino verso un ambito traguardo, le cento primavere. Giovedì 19 gennaio 2017 in Facebook Piero Carlesi, che è stato un suo delfino tra gli scrittori di montagna di cui Spiro era presidente onorario, ha diffuso in Facebook la ferale notizia. Spiro ci ha lasciato e siamo in tanti a rimpiangerlo. Purtroppo occorre registrare che sono tempi di lutto questi per i patriarchi dell’alpinismo italiano. Se ne sono appena andati due uomini del K2, Erich Abram e Ugo Angelino. Di vecchie rocce altrettanto tenaci se ne ricordano almeno un paio: Riccado Cassin scomparso ormai centenario e Ardito Desio che è andato ben oltre, resistendo impavido fino a 104 anni.

Spiro Dalla Porta Xydias, socio onorario e accademico del CAI, presidente onorario del GISM (Gruppo italiano scrittori di montagna) è stato il patriarca degli alpinisti giuliani. Nella foto sopra il titolo riceve a Bergamo nel 2003 il diploma di socio onorario del Club Alpino Italiano (ph. Serafin/MountCity)

Da poco Dalla Porta Xydias era nelle librerie con un affascinante libro edito da Nuovi Sentieri che s’intitola semplicemente “Alfabeto della montagna”. Dev’essere stato per Spiro un modo per riordinare le idee ed entrare trionfalmente in un ipotetico Guinness alpinistico dei primati: più di cinquanta sono le opere di narrativa e i saggi dati alle stampe, lavorando e arrampicando senza tregua, da questo accademico del Cai, nella vita scrittore, giornalista, regista teatrale. Spiro non ha fatto negli ultimi tempi che aggiungere titoli all’infinita collana delle sue opere letterarie, alcune delle quali celebri come “I Bruti di Val Rosandra”. Come alpinista è passato alla storia per due scalate in particolare: nel 1944 la prima invernale degli strapiombi nord del Campanile di Val Montanaia e nel 1955 l’ultima parete ancora inviolata di questa guglia, la parete est che Comici aveva tentato di scalare invano. Ovvio che nello sfogliare il suo ultimo volume sapientemente illustrato da Dunio Piccolin si corre subito a cercare alla lettera M la voce (Campanile di Val) Montanaia. Ed eccola. Al solo parlare del Montanaia dove oggi c’è chi prospetta l’inserimento di un ascensore per la delizia dei turisti, il cuore di Spiro divampa. “Incredibile, irripetibile dono che mi è stato dato. Che mi ha dato la montagna: conoscere, amare, salire, scrivere della guglia che più di ogni altro monte è simbolo. Simbolo della ricerca dell’uomo sulla terra. Dalla cui superficie elevarsi e tendere – disperatamente, felicemente – verso il cielo infinito”.

Questo, prendere o lasciare, era il linguaggio un po’ arcaico di Spiro che alla lettera M si dilunga anche sul termine “mito”. Perché “mitico” è un aggettivo che in tanti gli hanno appiccicato addosso e che forse non gradiva del tutto. Ma ora che ci ha lasciato alla soglia dei cent’anni, è difficile non definirlo così. Questo indimenticabile triestino tenace e combattivo, polemico ma dolcissimo con gli amici e ancor più con le amiche, è di sicuro entrato nella leggenda dell’alpinismo di tutti i tempi. Qui sotto riproponiamo un’intervista che mountcity gli dedicò di recente. (Ser)

“Non bevo filtri magici”.

Alpinista scrittore o scrittore alpinista?

A giudicare dai tuoi scritti, nutri una particolare predilezione per Julius Kugy. Che era austriaco e ha scritto le sue opere in tedesco…

“Preciso: Kugy ha scritto in tedesco, ma a prescindere dal fatto che era diventato suddito italiano, la sua personalità solare lo fa appartenere a tutte le etnie. Se proprio vogliamo dargli una nazionalità egli è stato innanzitutto triestino”

Restituisci dignità di scrittore a Tita Piaz, il diavolo delle Dolomiti. Quale elemento fa sicuramente di un alpinista uno scrittore?

“Non va dimenticato che Piaz aveva conseguito il diploma di maestro, il che per l’epoca non era poco”.

Alcune guide di arrampicata, sostieni, sono in grado di riscaldare i cuori. Per esempio?

“Valga per tutti la “Guida delle Dolomiti Orientali” (II edizione) di Antonio Berti”.

C’è differenza tra un alpinista scrittore e uno scrittore alpinista?

“Si può dire che lo scrittore alpinista è uno scrittore che tra le altre cose si diletta anche di alpinismo. Mentre l’alpinista scrittore è un alpinista che sente il bisogno di esprimere per scritto quanto ha provato nel corso del suo scalare”.

I tuoi idoli?

“Ho idolatrato Dino Buzzati come artista e come uomo. All’amicizia di Walter Bonatti, altro mio idolo, devo la fortuna di avere superato uno dei momenti più duri della mia esistenza”.

E’ stato un valoroso soccorritore.

Quali libri hanno maggiormente influenzato i tuoi primi passi in montagna?

“Sicuramente ‘Le Alpi Giulie’ di Julius Kugy e la ‘Guida delle Dolomiti Orientali’ di Antonio Berti”.

Hai reso omaggio nei tuoi libri a Severino Casara accusato di avere mentito nella scalata al Montanaia. Quanto vale la parola di un alpinista?

“Trovo imperdonabile l’accusa mossa a Cesare Maestri di non essere giunto in cima al Cerro Torre. Per me la parola di un alpinista, cioè di chi ha scelto un’attività rischiosa e ideale, deve valere per il solo fatto che viene pronunciata…da un alpinista”.

La tua vitalità continua a sorprendere tenuto conto dell’anagrafe. Quale può essere il segreto?

“Non bevo filtri magici e non mi sottopongo a pratiche misteriose o incantesimi. Cerco di essere attivo. Credo nell’etica e mi batto per la sua affermazione”.

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