Rilancio della valle Anzasca? Prima bonifichiamola!
Percorrendo la Valle Anzasca, poco prima di arrivare a Macugnaga, si giunge alla frazione di Pestarena. Qui sopravvivono i resti di ciò che, fino agli inizi degli anni Sessanta del secolo scorso, è stato uno dei siti minerari più importanti della valle e delle Alpi. I pozzi per la discesa degli operai in miniera, la cappella, i caseggiati per i lavoratori, la polveriera sono disseminati in una vasta area che ancora mostra i segni della contaminazione a cui il suolo è stato sottoposto: tracce di cianuri e mercurio, impiegati nella lavorazione del materiale aurifero, nonché l’arsenico, naturalmente presente nel minerale estratto, hanno compromesso i terreni coinvolti dalla passata attività mineraria.
Coltivate presumibilmente già dai Celti e dai Romani, le miniere della Valle Anzasca hanno permesso l’estrazione di notevoli quantitativi di pirite aurifera offrendo lavoro ad un cospicuo numero di minatori. Fonti storiche scritte attestano il loro sfruttamento nel Medioevo ed in Età moderna sino al periodo della seconda guerra mondiale quando, passate alla proprietà dello Stato e rinominate “Miniere d’oro Piemonte”, raggiunsero il massimo della loro produzione.

Nel 1941 a Pestarena si ampliò l’impianto di lavorazione e contemporaneamente si costruì il “villaggio operaio”: una nuova casa albergo con sessanta posti letto e sei case per i nuclei familiari. Gli operai passarono dai 311 del 1937 agli 868 nel 1942. Ma, già l’anno successivo, le numerose difficoltà derivati soprattutto dalla guerra in atto, decretarono il lento ed inesorabile declino della miniera chiusa definitivamente nel 1961 perché ritenuta non più remunerativa. A peggiorare la situazione si aggiunse anche il verificarsi di un grave infortunio in cui persero la vita quatto operai.
Oggi l’Associazione “Figli della miniera” contribuisce a tenere viva la memoria di questa importante realtà economica e sociale della valle anche con l’allestimento di una Casa museo del minatore visitabile liberamente. Chiusa all’attività estrattiva ma aperta al pubblico resta attualmente solo la Miniera d’oro della “Guia”, nei pressi di Borca di Macugnaga. Preziosa occasione per un’esplorazione naturalistica nel cuore della montagna e per scoprire la storia del lavoro in miniera e della sua cultura tecnologica. La visita permette di conoscere dal vivo gli attrezzi, i procedimenti e le condizioni di lavoro in un ambiente del tutto particolare caratterizzato da cunicoli e gallerie scavate nelle più segnate vene della montagna.

Inquietante pensare al futuro di questi siti minerari dismessi. Difficile immaginare concretamente un aureo domani. I numerosi cartelli che ricordano la contaminazione del suolo da sostanze tossico-nocive lasciano sgomenti. E’ possibile ipotizzare un rilancio turistico e ricreativo della zona senza risolvere definitivamente l’annoso problema dell’inquinamento ambientale? E se di rilancio si vuole parlare, quali le opzioni che possono realmente avere un futuro?
Rosalba Franchi
Foto di Dario Monti