Lo sguardo corto di questa Europa in cui lo straniero non passa, su Dislivelli di Giugno

68_WEBMAGAZINE_giugno16Disponibile gratuitamente online il numero di giugno di Dislivelli: un numero speciale, intitolato “non passa lo straniero” e dedicato al tema sempre più drammatico dell’innalzamento di barriere innaturali per bloccare i flussi di profughi. Se ne parla con passione e profondità su questo web magazine, pubblicato dall’omonima associazione nata nella primavera 2009 a Torino per favorire l’incontro e la collaborazione di competenze multidisciplinari, di formazione e informazione sulle terre alte.

“Dopo Schengen e l’apertura delle frontiere spartiacque, le Alpi avrebbero dovuto proporsi come la spina dorsale europea, una cintura viva e permeabile, naturalmente vocata a sconfiggere i vetusti limiti nazionali. Invece la frontiera sopravvive, e talvolta si rafforza gonfiando i muscoli. Perché l’Europa sarà anche fatta, almeno a carte e denari, ma di certo bisogna ancora fare gli europei” argomenta nell’editoriale Enrico Camanni.

Screenshot 2016-06-11 18.58.16Del flusso di persone lungo i confini della val di Susa racconta Maurizio Dematteis, con una serie di testimonianze drammatiche e una richiesta di soccorso soprattutto per i minorenni non accompagnati che vengono intercettati dagli inquirenti e portati presso le strutture del Consorzio Intercomunale Socio Assistenziale Valle di Susa, il Conisa. “La presa in carico di minori non accompagnati, sia italiani che stranieri, è obbligatoria per i centri socio assistenziali di tutto il territorio nazionale. E il Conisa non si sottrae certo al suo dovere. Ma l’alto onere economico, la scarsità di posti a disposizione e i forti ritardi nei rimborsi da parte dell’Asl mettono oggi a dura prova la tenuta del consorzio montano”(…)

Screenshot 2016-06-11 18.53.27“Io sto con la sposa” non è una fiction, ma un lucido documento di come per migliaia di persone in transito le Alpi siano un “muro naturale” difficile da valicare, quello stesso Arco alpino che per altri simboleggia “la spina dorsale d’Europa”, o “l’Euroregione alpina” continua Dematteis in un secondo articolo dedicato al valico italo francese di Ventimiglia. “Succede spesso che dopo essere stati bloccati alla frontiera di Ventimiglia, in territorio italiano, alcuni migranti diretti verso l’Europa del nord tornino a Milano, sperando di riuscire a passare la frontiera austriaca al Brennero. Ma ci sono anche quelli che non ce la fanno, e sono sempre di più, e allora tornano per provare a passare la montagna a piedi, seguendo i sentieri che aggirano la massa rocciosa della Giraude, altura a forma di torre che si eleva sulla cresta montagnosa e finisce a picco sul mare alla frontiera franco-italiana”(…)

Screenshot 2016-06-11 18.53.03Annibale Salsa dedica le sue attenzioni di storico alle vicende del Brennero e ricapitola le fasi cruciali della storia geopolitica di questo valico. “Fino alla prima Guerra mondiale il Brennero non era che una semplice espressione geografica divisoria delle sole “acque pendenti”. Dopo quella data, il “confine naturale” diventa “frontiera politica” e l’idea di uno steccato divisorio si farà strada nel ventennio successivo con la progettazione del cosiddetto “Vallo alpino” voluto dal Fascismo. La linea displuviale delle Alpi diventerà barriera invalicabile. L’avvicinamento alla linea di cresta a scopi alpinistici sarà consentito soltanto ai soci del CAI (ribattezzato “Centro Alpinistico Italiano”). Flussi di ebrei e di italiani antifascisti incominceranno a seguire clandestinamente percorsi alternativi poco sorvegliati, giovandosi soprattutto dell’aiuto dei valligiani. (…) L’incontro fra Mussolini e Hitler (18 Marzo 1940) alla stazione ferroviaria del Brennero perfezionò gli ultimi accordi in vista dell’entrata in guerra dell’Italia a fianco della Germania. Da quel momento quel valico assumerà una sempre più inquietante connotazione simbolica. Da qui passeranno i militari diretti in Russia e in Polonia o provenienti dai due Paesi dopo la ritirata, essendo il Brennero il principale passaggio da e per il nord e l’est europei. Per questo suo passato drammatico, iniziato alla fine della prima guerra mondiale, la costruzione della nuova Europa senza frontiere era destinata ad agire come antidoto nei confronti dei nazionalismi guerrafondai. L’evento più significativo sul piano simbolico, questa volta in chiave liberatoria, sarà infatti la cerimonia di rimozione della sbarra di confine sul passo in applicazione del Trattato di Schengen. Una festa che avrebbe dovuto cambiare la vita della comunità tirolese e di un’Europa che si pensava segnata da un destino luminoso. Nessuno avrebbe mai immaginato che si potesse tornare indietro innalzando nuove barriere e che il Brennero dovesse ancora caricarsi di simbologie disumane” (…)

Screenshot 2016-06-11 18.53.59Ma c’è anche un altro modo di considerare le migrazioni umane come potenziali portatrici di nuova cultura e civiltà. Se ne è parlato in un importante convegno a Gorizia – città di confine tra i rilievi del Carso fino a pochi decenni fa divisa e opposta rispetto alla slovena Nova Gorica da un reticolato in cui erano aperti solo pochi e controllatissimi varchi. “Il focus dell’incontro” – spiega Andrea Mambretti in un suo esteso puntuale resoconto – “che ha visto la partecipazione di alcune decine di studiosi da numerosi Paesi dell’Unione (Italia, Germania, Svezia, Gran Bretagna, Spagna, Grecia, Portogallo, Austria e Slovenia) era sulle due principali forme che assume oggi la migrazione (interna e internazionale) verso le aree rurali e montane in questi territori europei: da un lato quella per scelta e per vocazione (i cosiddetti amenity migrants o life-style migrants, ovvero quelli che noi di Dislivelli, parlando di Alpi e Appennini, chiamiamo “nuovi montanari” o “montanari per scelta”) e, dall’altro lato, quella mossa dalla necessità e dalla costrizione (i migranti economici e i rifugiati, e cioè quelli che noi chiamiamo “montanari per forza” (…) Tra gli aspetti considerati, è interessante l’analisi del possibile ruolo integrativo, rispetto all’accoglienza degli stranieri, che possono avere le antiche regole comunitarie, ancora in vigore in diverse località alpine (è il caso del Trentino, per esempio) e che possono favorire il conferimento di concreti diritti di cittadinanza agli immigrati (nella forma dei diritti di comunità), tramite l’accesso condiviso alle risorse del territorio e alla sua gestione. Anche la ridotta estensione e popolosità dei villaggi montani (nelle Alpi, così come sui Pirenei ma anche negli Appennini) è un fattore che è stato evidenziato come potenzialmente favorevole all’inclusione degli stranieri, per il permanere ancora una volta di una dimensione comunitaria, che porta a considerare la persona prima della sua appartenenza etnica o culturale” (…)

È possibile consultare qui l’intero archivio della rivista Dislivelli.

Un pensiero riguardo “Lo sguardo corto di questa Europa in cui lo straniero non passa, su Dislivelli di Giugno

  • 13/06/2016 in 09:06
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    Interventi in Irak, Libia, Siria. Queste migrazioni di profughi sono la “logica” conseguenza ovvero la conseguenza all’effetto.
    In quanti in Europa si sono mobilitati contro questi interventi?
    Si è modificato lo scacchiere e ora i profughi arrivano a dama.
    Zio Sam in primis dovrebbe sostenere i costi e pagare il vitalizio “a vita” ai profughi e lunghe vacanze in Florida.

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