MontagnaPersonalitàQuassù

Francesco, ovvero la riscossa dei vigneti di montagna trent’anni dopo il metanolo

Logo ColdirettiTrent’anni fa l’inchiesta sul vino al metanolo segnò una pagina nerissima per il settore enologico, ma anche per il made in Italy agroalimentare nel suo complesso. Come a volte accade, però, quell’inchiesta (Wikipedia ricorda che ci furono 23 morti, oltre a decine di intossicati) segnò anche l’inizio della riscossa di coltivatori e produttori, decisi a difendere il nome e la tradizione del loro lavoro. E’ Coldiretti a ricordare quella vicenda, ma proprio per sottolineare i numeri ed il valore di quella rivincita:  il 2015 è stato l’anno del record storico nelle esportazioni del vino italiano, che hanno raggiunto il valore di 5,4 miliardi con un aumento del 575% rispetto a 30 anni fa quando erano risultate pari ad appena 800 milioni di euro. Emerge  dal dossier “Accadde domani. A 30 anni dal metanolo il vino e il made in Italy verso la qualità”, messo a punto da  Coldiretti e Fondazione Symbola.

12108247_488420704672536_585130845921142731_n
Franceso Folini nella sua vigna. Nell’immagine sopra il titolo, una veduta dei terrazzamenti della Valtellina (ph Daniela Balgera, per gentile concessione).

Francesco Folini, invece, il 17 marzo del 1986, quando il caso metanolo (sostanza naturalmente presente nel vino, ma aggiunta nelle cantine “pirata” per aumentare la gradazione) scoppiò, non era ancora nato: i trent’anni li compirà ad agosto. Intanto, risponde al telefono un po’ trafelato: “Abbiamo finito di legare le vigne, potato e raccolto tutti i sarmenti”. Siamo a Chiuro, in Valtellina, e sul Dos Bel (ed altri 30 appezzamenti sparsi sui fianchi delle montagne) Francesco coltiva nebbiolo. Esportazione? “Non tanto, ma qualcosa in Belgio e Svizzera sì”. L’azienda non è grande (“ma da inizio anno è tutta mia, ora mio padre, che l’ha avviata, continua però ad aiutarmi”), ma, dice Francesco,”abbiamo tempo di crescere”. Con l’idea di continuare a produrre  ottimi Birichino, Valtellina Superiore e Sforzato. Ma anche con quella che Francesco non esita a definire “una missione”: salvare, recuperandoli e restaurandoli, i terrazzamenti dove le vigne coltivate sono anche una straordinaria assicurazione contro frane e smottamenti. Ne hanno ricostruito 4mila metri, facendosi aiutare anche dall’elicottero, nei punti più scoscesi. E affiancando al sistema tradizionale con i filari disposti verticalmente, la coltivazione a “giropoggio”, con le vigne in circolo sui fianchi della montagna. Tre decenni dopo lo scandalo, la riscossa ha la carica dei giovani imprenditori  di montagna e collina che difendono la qualità della tradizione e continuano la ricerca del nuovo.  Il risultato dell’impegno dei coltivatori di cui Francesco è un bel rappresentante? “Oggi nel mondo”,  fa sapere ancora Coldiretti, “una bottiglia di vino esportata su cinque è prodotta in Italia, Paese che si classifica come il maggior esportatore mondiale di vino”.

Laura Guardini

https://www.facebook.com/folinifrancesco

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *