Il teatro rampante di Sara e Soledad

Di albero in albero, in un parco Trotter ravvivato dai colori dell’incipiente primavera, è andato “in scena” a Milano uno degli spettacoli che con maggior convinzione hanno avvicinato negli ultimi tempi i ragazzi alla natura. La pièce s’intitola “E io non scenderò più”, performance esemplare di due acrobatiche (in ogni senso) attrici sulla scia del “Barone rampante” di Italo Calvino. Un invito a ribellarsi alle sirene del consumismo e, a ben vedere, anche alla montagna luna park che inquina lo spirito più ancora dell’ambiente. Quella in cui si rifugia il protagonista, Cosimo, è la stessa natura selvaggia in cui cerca riparo nell’America dei grandi spazi, dall’Arizona al Pacifico, dal Gran Canyon all’Alaska, il giovane anticonformista del best seller “Into the wild” di Jon Krakauer portato anche sugli schermi. Come si è precisato, lo spettacolo presentato in anteprima a Milano dalla compagnia Stradevarie e Campsirago Residenza con la regia di Soledad Nicolazzi e l’interpretazione della stessa Soledad e della co-autrice Sara Molon, prende in realtà spunto da un classico della letteratura, quel “Barone rampante” che Italo Calvino scrisse nel 1957, secondo capitolo della “trilogia araldica”, insieme con “Il visconte dimezzato” (1952) e “Il cavaliere inesistente” (1959).
La trama è nota. Cosimo Piovasco di Rondò, rampollo di una famiglia nobile ligure di Ombrosa, all’età di dodici anni, in seguito a un litigio con i genitori per un piatto di lumache, si arrampica su un albero del giardino di casa per non scendervi più per il resto della vita. Lo spettacolo prende avvio all’interno di un teatro, ma subito dilaga nel parco. Soledad insegue il discolo ribelle seguita dal codazzo dei giovani e giovanissimi spettatori. A fare capolino tra i rami, dove si è preventivamente arrampicata, è l’acrobatica Sara. E ben presto lo spettatore s’immedesima in quella vita alternativa così estranea al mondo in cui vive eppure ancora “possibile”, forse desiderabile. Se soltanto si avesse il coraggio di mettere un ragionevole argine all’impiego di tablet e smartphone da cui tutti i nostri atti sembrano ormai dipendere…

Lo spettacolo si chiude come nel romanzo di Calvino, con un ultimo colpo di scena: anziano e provato dagli anni sugli alberi, Cosimo non si arrende e non scende a terra, rispettando fino all’ultimo la promessa. E benché il padre, cioè Soledad stessa che per l’occasione si mette in testa il tricorno, lo inviti perentoriamente a desistere tra l’ostilità del giovane pubblico ormai schierato con Cosimo. “E io non scenderò più” è stato proposto in marzo a Milano in coda alla settimana “Mountcity” patrocinata dal Comune, tutta dedicata alla montagna con convegni, eventi, birdwatching e nordic walking nei parchi cittadini. “Si tratta di uno spettacolo ‘verticale’ tra terra e cielo, infanzia e adolescenza, realtà e finzione”, spiega Soledad. “Una storia da scoprire camminando”. Nella genesi dello spettacolo che merita una lunga serie di repliche con il supporto delle autorità scolastiche, conta molto l’esperienza della stessa Nicolazzi laureata in Scienze dell’Educazione, autrice, attrice e regista, che da anni si occupa di teatro, tradizione orale, musica popolare e che a Milano ha replicato a lungo uno dei suoi spettacoli preferiti, “Ciclonica”, monologo per donna in bicicletta. “Ho passato parte della mia prima adolescenza”, racconta Soledad, “accovacciata tra i rami di un melo o di un ulivo a leggere libri di nascosto e a immaginarmi protagonista d’improbabili avventure. L’albero, capanna, castello, rifugio, era un posto solo mio: i grandi con le loro fissazioni assurde e le loro richieste stavano giù, ben lontani. Concedevo ogni tanto qualche visita al mio fratellino, e per il resto più che un gioco era un guardare il mondo da un’altra prospettiva”. La speranza è che anche i ragazzi dopo avere assistito a “E io non scenderò più” possano modificare le loro prospettive. O che almeno ci provino.
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