Mountain Wilderness, l’assemblea di Verona e le nuove strategie per il 2016
“Se ami la montagna, proteggila!”. Mountain Wilderness ancora una volta si rivolge nel 2016 a quanti hanno a cuore l’ambiente alpino ribadendo il suo compito di tutore dei principi-cardine da cui non deroga l’associazione nata nel 1989 per la difesa delle montagne del mondo. Con quali prospettive? Anche di strategie si è discusso all’assemblea straordinaria ospitata domenica 13 dicembre nella sede della sezione veronese del Cai, presenti “attivisti” di tutta Italia per lo più dai capelli bianchi ma più che mai fermi nei loro principi.
Prima di tutto un bilancio. Il 2015 ormai alle spalle è stato caratterizzato da pesanti disfatte come la frantumazione del Parco dello Stelvio e da inquietanti minacce come gli annunciati nuovi impianti sulla Marmolada Serodoli e Latemar ma anche da un evento in cui i militanti di MW si riconoscono, pur rimanendo fedeli al carattere laico dell’Associazione: l’enciclica “Laudato si’, la seconda di papa Francesco, scritta nel suo terzo anno di pontificato. Benché porti la data del 24 maggio 2015, solennità di Pentecoste, il testo è stato reso pubblico solo il 18 giugno successivo.

L’argomento principale trattato nell’enciclica è il rispetto dell’ambiente, casa comune di tutti gli esseri viventi. “Un rispetto che da sempre caratterizza anche la nostra ‘mission’, ha osservato all’assemblea di Verona il presidente di MW Italia Carlo Alberto Pinelli, il quale ha anche accennato alla recente conferenza COP21 sul clima e l’inquinamento atmosferico: un’occasione utilizzata dalla consorella Mountain Wilderness Francia per accrescere il significato della campagna “Changer d’approche”, volta a propagandare l’adozione di buone pratiche, non esclusa la drastica decisione di non utilizzare dove possibile l’auto per le trasferte in montagna.
Sono buone pratiche che non avrebbero alcun seguito se non si ponesse finalmente fine al dilagare abusivo e impunito dei mezzi fuoristrada nei boschi, delle motoslitte e degli elicotteri che volteggiano sulle vallate scaricando in vetta migliaia di sciatori. E non varrebbero nulla se si dovesse accettare ogni genere di banalizzazione della montagna, compresi i mega impianti tipo Skyway al Monte Bianco costato 138 milioni di euro: una realizzazione contestata dai “puristi” di MW, così definiti dall’Espresso nelle cui pagine l’azione dell’associazione è stata considerata un ostacolo al progetto e di conseguenza al progresso, ammesso che di progresso si possa parlare in casi simili.
Nella sua battaglia, MW può contare su autorevoli partner come LIPU, Pro Natura, FAI, Touring Club Italiano, WWF: tutti impegnati in un profondo cambiamento per un miglioramento della qualità del territorio e di un turismo responsabile, basato sulla tutela dell’ambiente.
E intanto un nuovo fronte si è aperto per MW nell’Appennino abruzzese dove nuovi interventi di infrastrutturazione sciistica vengono proposti nel masterplan benché vietati dalla normativa europea e nazionale a tutela di habitat e specie di grande valore ecologico, come l’orso marsicano, il lupo, il camoscio d’Abruzzo e l’aquila reale. Senza considerare che il masterplan è in palese contrasto con il rilancio del progetto APE (Appennino Parco d’Europa), con il PATOM, strumento voluto anche dalla Regione Abruzzo per la tutela dell’Orso Marsicano, e con il percorso teso a far riconoscere dall’UNESCO le nostre montagne come Patrimonio Mondiale dell’Umanità. il 30 gennaio prossimo.
Iniziative inammissibili ma all’ordine del giorno per il nostro “popolo di scimmie”, come lo definisce Raffaele La Capria nei suoi “Ultimi viaggi nell’Italia perduta” pubblicato da Bompiani (192 pagine, 13 euro): un popolo dedito allo “smantellamento brutale e alla distruzione metodica della bellezza, alla trasformazione di luoghi bellissimi in luoghi senz’anima”.
In positivo, trascinate dall’entusiasmo di MW, alcune delle principali associazioni ambientaliste italiane (Italia Nostra, FAI, LIPU, WWF, Pro Natura, Touring Club) hanno deciso di presentare ufficialmente il documento di sintesi, nato dall’incontro “Parchi Capaci di Futuro” della scorsa primavera, all’interno di una importante manifestazione che si tiene a Fontecchio (L’Aquila) il 30 gennaio. Il documento (Carta di Fontecchio) rivendica la centralità delle aree naturali/culturali protette come motori efficaci di uno sviluppo sostenibile, compatibile, durevole.