Una mostra ripropone i topoi della salita alpinistica
Riproponiamo per gentile concessione la breve e accattivante recensione della mostra intitolata “La dilatation des pupilles à l’approche des sommets. Un film-collage” in scena fino fino al 7 agosto 2016 al Museo alpino svizzero di Berna. Pubblicata originalmente su IlGiornaledell’Architettura.com a firma di Luca Gibello, direttore della testata oltre che presidente dell’associazione Cantieri d’alta quota che nello specifico promuove lo studio e la conoscenza della storia e delle architetture negli ambienti montani più estremi.
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BERNA. Circa 100 spezzoni di film elvetici, dal 1917 ai giorni nostri, aventi per soggetto la montagna. Il collage, di grande effetto scenico e narrativo, è a sua volta un film di 60 minuti – «La dilatation des pupilles à l’approche des sommets» (la dilatazione delle pupille nell’approccio alle vette) – che racconta per fasi un’improbabile intrapresa alpinistica. Al di là dell’interesse per il tema (il dichiarato amore dei curatori per la storia del cinema), vale la pena soffermarsi sulla mise en scéne, efficace simbiosi tra concept della mostra e allestimento.
Dieci sale (comprensive di un’anticamera e di un corridoio buio con solo sonoro) scandiscono altrettanti topoi della salita alpinistica: i preparativi; la partenza (dalla città); i dubbi (sull’opportunità o meno dell’intrapresa); l’ascensione (prima coi mezzi meccanici, poi a piedi); l’atmosfera idilliaca (di contemplazione della natura); la sfilata (il percorso nel couloir buio con sinistri rumori); la catastrofe (durante la scalata); la vetta; la discesa; il ritorno (a casa).
Il ritmo della visita è scandito dalla successione dei video che si attivano e disattivano in sequenza nelle sale, cosicché il drappello di visitatori riunitisi casualmente all’ingresso procede compatto, come in un’ideale cordata. In ogni sala, l’allestimento è diverso, in funzione del rapporto tra spettatore, medium (ovvero lo schermo di proiezione) e messaggio (ovvero il tema della «tappa»): aiuola di ghiaia su cui stare in piedi (per le partenze); travi e cippi lignei più o meno instabili su cui appoggiarsi (per i dubbi e l’ascesa); cubi di prati verdi sintetici su cui sdraiarsi (per la contemplazione); banchi di chiesa su cui inginocchiarsi (di fronte alla catastrofe, proiettata su cinemaxischermo); accecante white box con minischermo issato a mo’ di croce (per la vetta); proiezioni a pavimento (per la discesa); dulcis in fundo, poltrone da cinematografo (per il rientro). Ne consegue che il punto di vista dello spettatore (frontale, di traverso, dal basso, dall’alto) è sempre mutevole a seconda della situazione narrativa in cui si trova.
Un allestimento concettuale che, con pochi mezzi, conferma il coraggio del direttore del Museo alpino svizzero Beat Hächler il quale, dal suo insediamento nell’ottobre 2011, ha deciso di relegare nei depositi la storica e prestigiosa collezione permanente, puntando tutto su mostre temporanee dalla particolare valenza sperimentale.
Luca Gibello
«La dilatation des pupilles à l’approche des sommets. Un film-collage»
Sceneggiatura: Antoine Jaccoud
Allestimento: atelier Philipp Clemenz
Museo alpino svizzero, fino al 7 agosto 2016
www.alpinesmuseum.ch
Dubito che la “mostra concettuale” che si vede qui ben rappresentata possa costare poco… in ogni caso molto interessante.