Franano gli ascolti per “Monte Bianco”
Non c’è pace purtroppo per il Monte Bianco e neanche per “Monte Bianco – Sfida verticale”, l’indifendibile reality show di Raidue che dopo due puntate registra un significativo calo negli ascolti, come è stato già specificato in MountCity: la sera di lunedì 16 novembre su Raidue lo show ha avuto il 5.12% di share con un milione e 228 mila spettatori. Un risultato ancora inferiore a quello del debutto quando lo share era poco oltre il 6%. E quando l’attenzione dei telespettatori non era ancora stata sviata dalla tragedia di Parigi e del mondo. Sui social network, sui blog di montagna e anche sulla carta stampata le critiche sono accese, spietate. Con le prevedibili reazioni della corporazione delle guide alpine e dei loro fiancheggiatori interessati. Francesco Civra Dano, guida alpina di Courmayeur, su Facebook scrive: “Alpinisti, commentate questo invece del reality Monte Bianco”, mostrando quanto già si sapeva: i bivacchi alpinistici sul Monte Bianco sono ricolmi di spazzatura. Al direttore del quotidiano La Stampa che riporta le provocatorie invettive di costui contro gli alpinisti “zozzoni” ha mandato la lettera qui riprodotta Carlo Alberto Pinelli, accademico del Cai e presidente dell’associazione Mountain Wilderness Italia. S’intende che il problema principale riguarda la Rai che avalla con i nostri soldi trasmissioni deleterie per la montagna come queste e alla quale andrebbe invece indirizzata una lettera di fiere proteste.
Una lettera di Carlo Alberto Pinelli al direttore de La Stampa
Al dr. Mario Calabresi, La Stampa, Torino
Si può anche comprendere la reazione stizzita della guida alpina di Courmayeur Francesco Civra Dano di fronte alla valanga di giudizi negativi che ha suscitato – già dalla prima puntata – il “reality” realizzato da Raidue sul monte Bianco e dintorni. Tuttavia suscita incredulità e spinge al riso l’accusa d’incongruenza lanciata da costui (e ripresa, ohimè, da La Stampa, a firma Christian Pellissier) contro chi, provenendo dalla sfaccettata galassia dell’alpinismo (ma critiche severe sono giunte anche dalla carta stampata; basti citare Il Sole-24 Ore), ha giudicato la trasmissione in oggetto non solo di una sconcertante banalità e sciatteria formale, ma anche di un evidente effetto anti-educativo e mistificatorio.
A suo dire gli stessi alpinisti, “profeti” che “banfano” (si noti l’eleganza del termine!) e gridano al sacrilegio, quando è al dunque non riportano a valle i propri rifiuti, dimostrando, con il loro scorretto comportamento, scarso rispetto per l’ambiente naturale dell’alta montagna che fingono di difendere.
Viene voglia di chiedere al signor Civra Dano quali prove può esibire per dimostrare che i contestatori del “reality” (i quali hanno tutti sottoscritto con la firma le loro ragioni) sono gli stessi che poi sul campo agiscono da “zozzoni”. Inoltre su quali basi logiche i comportamenti sbagliati di una congerie anonima di alpinisti ed escursionisti possano essere utilizzati per giustificare la figura barbina fatta dalle guide che hanno accettato di recitare in quella squallida farsa.

Come dire: “Da che pulpito!”. Confesso che mi sfugge quale sia il nesso logico. E mi spiego: il fronte che ha criticato il “reality” vede in prima fila, accanto al Club Alpino Italiano, l’associazione Mountain Wilderness Italia anche per bocca del proprio autorevole comitato etico-scientifico. Giova ricordare che Mountain Wilderness già nel 1989 organizzò la ripulitura dalle immondizie dell’intera Marmolada e l’anno successivo mise in piedi la spedizione FREE K2, la quale riportò a valle oltre 2500 kg di rifiuti solidi e dieci chilometri di corde fisse. Materiali abbandonati da tutte le precedenti spedizioni sia al campo base, sia ai campi di quota.
Mi sembra che come “biglietto da visita” sia sufficiente! Allora, nella mia qualità di capo-spedizione, volli chiaramente sottolineare che l’iniziativa intendeva avere un carattere emblematico. Era un messaggio lanciato, una tantum, a tutti gli alpinisti, per renderli consapevoli della opportunità etica di non lasciare tracce del loro passaggio. Non avevamo insomma nessuna voglia di passare per spazzini d’alta quota, pronti costantemente a ripulire le montagne himalayane dal rifiuti lasciati in loco. Ciò avrebbe favorito effetti controproducenti e deresponsabilizzanti. Questo è il rischio che corrono le periodiche iniziative di ripulitura dei bivacchi d’alta montagna di cui parla lo stesso articolo. Meritorie iniziative, s’intende, nelle quali tuttavia si annida il difetto di divulgare tra i frequentatori della montagna l’idea dell’esistenza anche lassù di un servizio periodico di nettezza urbana. Niente di più sbagliato.
Carlo Alberto Pinelli presidente di Mountain Wilderness Italia
Il parere del Consiglio direttivo di Mountain Wilderness Italia
Considerando il livello del “reality” ambientato al Monte Bianco e mandato in onda da Raidue, sarebbe forte la tentazione di non perdere tempo per illustrare le ragioni del nostro deciso dissenso. Se non fosse che il messaggio diffuso da quella trasmissione, giungendo con abusiva autorevolezza a un pubblico vasto e in maggioranza disinformato, tradisce radicalmente il significato dell’incontro tra gli esseri umani e la montagna, riducendolo a una banale e ridicola competizione ludico-circense, di cui sono protagonisti personaggi improbabili, platealmente impreparati.
Nessuno di noi grida allo scandalo in nome di una pretesa sacralità delle Alpi; perché di per se stesse, nella loro asettica accezione geografica, le montagne non sono che informi mucchi di roccia e ghiaccio. Noi difendiamo le ragioni e i sentimenti di chi ha fatto profondi e sofferti investimenti affettivi su quegli ambienti così particolari e selvaggi, ultime superstiti oasi di wilderness nel cuore del nostro continente. Ragioni e sentimenti che oggettivamente la trasmissione in oggetto umilia, delegittima e offende. Ma difendiamo anche – in positivo – la proposta potenzialmente formativa che può derivare da quelle esperienze in alta montagna, se correttamente vissute e interiorizzate. Cioè esattamente il contrario di quanto sembra suggerire la trasmissione di Raidue.

Come è stato autorevolmente denunciato dal nostro comitato etico-scientifico, rattrista constatare che alcune guide professioniste si siano prestate a questa penosa farsa, avendo alla loro testa un alpinista di indubbia fama, guadagnata non solo sulle Alpi ma anche in Himalaya. Ciò a nostro avviso dimostra, purtroppo, che spesso chi ha fatto dell’alpinismo la propria professione progressivamente può finire col perdere di vista le implicazioni etiche che sole giustificano l’avventura tra i monti e la nobilitano. Avventura intesa come ricerca dei propri limiti, della propria verità interiore, della individuale aspirazione alla libertà. E come a volte proprio coloro che hanno compiuto grandi imprese abbiano maturato una visione asfittica e fuorviante dell’alpinismo, perché pongono tra se stessi e la montagna il filtro sterilizzante del proprio super-io.
Ridurre la sfaccettata ricchezza motivazionale dell’alpinismo a una gara improvvisata tra incompetenti, realizzata a vantaggio delle telecamere, significa invitare il pubblico a ignorare la paziente preparazione psico-fisica che una consapevole frequentazione della montagna richiede e impone, con serie conseguenze anche a livello della sicurezza di chi alla montagna intenderà poi avvicinarsi.
Per anni, in gioventù, abbiamo sorriso con ironia leggendo sulla tessera del Club Alpino la frase di Guido Rey che diceva: “ Io credetti e credo la lotta con l’Alpe utile come il lavoro, nobile come un’arte, bella come una fede.” Ma ora, di fronte a questa penosa mercificazione televisiva dobbiamo ricrederci. E’ mille volte preferibile la retorica ingenua di Rey della diseducativa e volgare proposta veicolata dal “reality” di RAI 2.
Il Consiglio direttivo di MW Italia
Condivido in pieno Marco, io, nel mio piccolo, sono un frequentatore assiduo delle alpi carniche e giulie, nei miei giri molte volte non incontro pochissima gente, e quella poca al 90% sono austriaci o sloveni, possibile che gli italiani non riescano ad amare la montagna? c’è assoluto bisogno di farla conoscere ed anche un reality può servire.
mario russian
E io infatti vorrei proporre a MW e a MC di smettere di pontificare e piuttosto di agire… fossi in loro organizzerei un bel contro reality, però con delle capre… capre vere di montagna, che sanno arrampicare e parlano poco ma in genere con buona proprietà di linguaggio, a differenza del social-commentatore medio, e molto meglio del comune vip-realityer. E poi sono molto più simpatiche e non si lamentano mai.
Pinelli non fare troppo il puritano . non avete capito il messaggio , solo persone intelligenti lo possono percepire . tutta invidia nei confronti di grandi professionisti.
Scusate l’ardire, ma entro a gamba tesa: mi paiono fuori luogo i commenti di questo blog, populisti e scontati al pari dei sermoni di Salvini. Stesso approccio culturale alle questioni. Mi sembrano i “quattro salti in padella”, articoli pregni di luogocomunismo, di arrabbiatura e di moralismi da prete pronti per essere buttati nelle fauci di feisbuc senza neanche un pensiero. Da organizzazioni come MW o da “esperti” della montagna mi aspetto la presa di posizione su temi ben più importanti che quattro tizi che rantolano in val veny davanti alle cineprese. Preferivate la montagna vista da vanzina e desica? In ogni caso siete liberi di cambiare canale (come già detto da altri). E se siete più bravi di “montebianco” a propoagandare i valori e le bellezze della montagna, fatelo. Questa è l’unica “critica” che mi aspetto. Costruttiva. Non una pintificata dall pulpito “una gara improvvisata tra incompetenti”, che tra l’altro è esattamente ciò che hanno organizzato e comunicato. Non hanno messo Ueli Steck e Simon Anthamatten in gara, non ve ne siete accorti? Mi aspettavo di più dalla comunità della montagna che il farsi pubblicità sulle spalle di un programma che osa toccare la sacralità dei monti e la lotta contro l’alpe…. Per chiarezza: non ho niente a che fare con il reality. Cordialmente
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Caro Marco,
faccio ammenda: mi erano sfuggite le pulizie della modella brasiliana. Guai se in montagna non ci fossero le donne: anche la “signorina Ninì” (Pietrasanta), tornata in rifugio dagli strapiombi della Noire, si prodigava per il fidanzato e capocordata Boccalatte rammendandogli i calzettoni. E poi chi sono io per “censurare” (che parolona) le guide alpine, senza le quali in vita mia mi sarei limitato a praticare soltanto l’alpinismo parlato? Se ho sbagliato o frainteso faccio ammenda guardando le prossime puntate dal principio alla fine. E cercando di non prendere sonno, che la sera alla mia età capita.
Tuo Roberto
Caro Roberto, il mio voleva soltanto essere un umile “richiamo” alla realtà, anzi al reality… In fondo di questo si tratta, no? E allora, credo, non si può pretendere da un reality di essere il “manuale del perfetto alpinismo”. Quello, mi pare, dovrebbero stilarlo e di conseguenza divulgarlo e ancor prima seguirlo, gli alpinisti “veri”. Cosa che non sembra succeda (visto anche l’ultimo post delle Guide di Courmayeur) nelle nostre e altrui montagne. Alla Fourche, per rimanere al post che riguarda quel bivacco, non mi pare abbiano girato reality, eppure… il cesso è quel che si vede. Mi pare che a volte la cosiddetta “comunità alpinistica” (ma quando mai, la chiamerei la individualità alpinistica) sia tanto brava a sparare sentenze su quello che gli “sfugge” dalle mani, sante e sacre… E che al contrario, come detto, pontifichi tanto e non metta in pratica nulla. Per cui, diamo a Cesare quel che è di Cesare: un reality è quello che è. Punto e stop. Pretendere che sia altro è assurdo. Se la “comunità alpinistica” di cui sopra è capace di far meglio, l’aspetto volentieri alla prova dei fatti. Ma fino a quel momento, pensi un po’ di più a se stessa che alla sfida verticale televisiva. Grazie.
Interessante questo blog… come si chiama.. PontifexCity mi pare, o qualcosa del genere…
Caro entusiasta, perché invece non dici la tua? 🙂
Non dico la mia perché i reality in generale mi fan venire la cacarella e quindi anche questo non glie la faccio proprio a guardarlo… certo ci sono in ballo soldi pubblici, televisione di stato, strategie di marketing della VDA… quindi faccio proprio bene a non pensarci, che rischierei di rimanere sommerso
Ho visto solo la seconda puntata del reality. Certo è criticabile sotto molti aspetti, ma il discorso è ben più complesso di un “bello” o di uno “schifo”… In fondo, a me non è dispiaciuto, e forse molti sanno di quanto io sia critico sul “Circo Montagna”… Eppure, devo ben ammettere che sulla televisione nazionale non ho MAI visto tanta montagna! Sì, un documentario qui e là e poi? L’unica cosa recente è davvero ben fatta che ho visto su SKY era un documentario sulle NOSTRE montagne durante la Prima Guerra Mondiale, con spezzoni d’epoca ed interviste agli Alpini che stanno oggi rimettendo a posto le trincee di allora. Peccato (mica tanto, ma di certo significativo) che la trasmissione fosse fatta dalla BBC, presentata da un ex-ufficiale più o meno quarantacinquenne dei corpi speciali inglesi. Dove erano tutti questi censori di oggi? Il CAI in primis? Qual è l’offerta televisiva alternativa con una montagna più “reale”? Inesistente. La BBC anni fa ha messo in onda una storia dell’alpinismo in 10 puntate, e la loro montagna più alta è di 1555 metri (Ben Nevis). Mai visto nulla di simile in Italia. La domanda è: perché? O anche: a chi si deve questo “vuoto”? Inutile riempirsi la bocca di belle parole (quante volte disattese per altro…) invece di FARE!
Nel reality io ho comunque visto tanta montagna. E gente che pur non avendo alcuna esperienza, si dà da fare, impara, prova… e rinuncia: tutto sommato un buon concentrato di emozioni, dai pianti per la fatica fisica e psicologica, allo stupore di fronte alla bellezza dei posti e alla difficoltà di “viverli” diversamente che da turisti, cosa che mi pare illustri meglio un approccio “normale” alle vette piuttosto che le performance al limite dell’incredibile di super campioni del verticale.
Ho visto, se permettete, la gioia infinita di Salvi quando, per la prima volta in vita sua, è riuscito -arrancando- ad arrivare su una cima di 2800: concedetemelo, ma mi piace di più questo che il 10abcdefg raggiunto da un superatleta professionista su un muro di magari 30 metri…
Ho visto il pianto sincero di una partecipante (non so nemmeno chi sia) dispiaciuta per non avere le capacità fisiche e psicologiche di affrontare una salita che a “noi” sembreranno poca cosa…
Eppure credo che anche “noi” davanti alle difficoltà delle prime uscite abbiamo pianto le stesse lacrime di frustrazione o la stessa gioia della riuscita… Facile criticare ora perché, tutto sommato, si vedono dal vivo: a differenza di altri reality qui mi pare che i partecipanti siano più calati in quella realtà che affrontano e non, invece, nelle stanze chiuse e protette di una casa-del-grande-fratello… E in ugual modo, ci sono, che si voglia o no, tutti i caratteri di chi va in montagna da tempo e magari a buon livello: lo sbruffone spaccamontagne, il “vecchietto” che stringe i denti, la ragazzetta imbranata, la donna cittadina che più che un’oretta di palestra non ha mai affrontato.
Sicuri di non aver visto questi “tipi” magari anche tra le persone che conosciamo o con cui abbiamo condiviso i monti?
Mi fa ridere lo ammetto, che lo sguardo dei “severi censori” si soffermi spesso sulle fattezze fisiche della ragazza brasiliana: che occhio attento avete! Talmente attento a tette e chiappe che non avete notato in lei il “candore” di chi la montagna non l’ha mai nemmeno vista e che nonostante tutto “ci prova”. Perché, vi piaccia o no cari censori, quelli ci provano.
Attaccati alla Guida Alpina? Certo, e allora? Perché voi (detto in generale) himalaysti critici non vi siete attaccati con le jumar a corde fisse messe da (schiavi) sherpa? O voi “paretisti estremi” non avete usato i deplorevoli spit che qualcun altro, facendosi il culo, ha messo per voi?
Altro: leggo le lamentele per i bivacchi sporchi… Avete guardato bene la seconda puntata? La modella brasiliana (sicuramente provata dalla giornata e fuori dal suo mondo tropicale e di sfilate e casting) arriva alla tenda e pulisce per tutti: quanti dei signori alpinisti fa questo? Ben pochi, a giudicare dallo stato dei bivacchi denunciato. magari poco, ma questo sarebbe da imparare dal tanto criticato reality!
Tre postille per finire.
1. Gentili signori di MW, va bene, bravi, avete fatto il FREEK2. Ma non venite a sensibilizzare me (e altri circa 6 miliardi di persone al mondo): siete stati VOI alpinisti di punti, bravi certo e fortunati, ad essere stati là. Quindi VOI avete sporcato, voi pulitevelo senza tante menate. Io, da parte mia, tengo pulite le montagnette che frequento… senza tanto clamore e senza campagne mediatiche…
2. Ai signori censori che han notato (evidentemente) soprattutto lo splendido lato B della modella brasiliana: avete notato anche le gambe storte da fantino dell’ex-calciatore Zambrotta (tra l’altro a mio parere, una persona squisita in tutti i sensi da quello che ho visto)? O eravate concentrati con la secolare “pruderie” dei censori su ben altro (vorrei ma non posso…)?
3. MW “Ridurre la sfaccettata ricchezza motivazionale dell’alpinismo a una gara improvvisata tra incompetenti, realizzata a vantaggio delle telecamere, significa invitare il pubblico a ignorare la paziente preparazione psico-fisica che una consapevole frequentazione della montagna richiede e impone, con serie conseguenze anche a livello della sicurezza di chi alla montagna intenderà poi avvicinarsi.” Il vostro è un pregiudizio, solo perchè un reality. Sarebbero da condannare invece e ben più pesantemente le discese di free ride per canali canaloni pendii innevati che fanno tanto effetto ma che, questi sì, distorcono la realtà, facendo credere che il fuoripista sia una pratica libera tranquilla adrenalinica e stop (come se non ci fossero anche lì preparazione esperienza conoscenza ed… elicotteri al seguito). Poi contiamo i morti “da fuoripista”… Ah, già, peggio il reality!
marco vegetti