L’arrampicata, il rifugio, la visita in una miniera… così i ragazzi dell’associazione Piccolo Principe scoprono per la prima volta la montagna

Non è un caso se questa ormai storica falesia del Lecchese, il Sasso di Introbio, fu utilizzata già dal 1974 da don Agostino Butturini, che ai suoi ragazzi dell’oratorio insegnò l’arrampicata come divertimento: è sicuramente per via della sua facile raggiungibilità e della ricchezza di itinerari anche per ragazzi al primo contatto con la roccia che l’iniziativa “Quartieri in Quota” ha avuto qui il suo battesimo.  Sabato 12 settembre mattina un manipolo di giovanissimi climber per la prima volta, dal Gratosoglio, vengono a esplorare la montagna (nella foto sopra il titolo il gruppo all’ingresso del rifugio Porta)

20150912_154346Mentre la guida alpina Valentina Casellato (nella foto qui accanto in falesia assieme ai ragazzi) finisce di sistemare due assicurazioni sulle paretine attrezzate con prese artificiali di fianco alla casa delle guide: i ragazzi son già pronti, con imbrago caschetto e scarpetta, e osservano in silenzio le agili manovre. Assieme a loro i quattro educatori della cooperativa Piccolo Principe, che al Gratosoglio svolge da anni un lavoro di sostegno, organizzando una serie di attività integrative al normale iter scolastico, Elena Biagini, ideatrice del progetto “Quartieri in Quota”, aderente all’associazione milanese “Quartieri tranquilli”, e da diversi anni promotrice di iniziative di accompagnamento di ragazzi in montagna con l’associazione “ALM” (Attraverso la Montagna) e un accompagnatore del Club alpino, cronista e fotoreporter di questa avventura.

È sempre un piacere osservare la prima timida scoperta del mondo verticale, la meraviglia nel toccare con mano la possibilità di staccarsi da terra e muoversi in sicurezza attraverso una sequenza di gesti e posture attentamente monitorate dal basso. Così come osservare con quanta attenzione questi ragazzi si incaricano di fare sicurezza ai loro compagni, consapevoli che attaccata a quel filo c’è una vita umana, rafforzando così un legame basato sulla fiducia e sulla complicità.

20150921_40_LG_copertina
Al progetto Quartieri in quota è dedicata la copertina del numero di settembre 2015 di LG, il bollettino della biblioteca Luigi Gabba che per una volta si è distaccato dai temi più storico alpinistici per rivolgere l’attenzione a a una iniziativa rivolta ai giovani

Dopo una veloce sosta per rifocillarsi ci si avvia verso Pala Condor attraverso un ripido sentiero dove i ragazzi possono cimentarsi con veri passi di arrampicata su roccia compatta e ben attrezzata. A un primo sguardo si potrebbe pensare che Valentina abbia fatto il passo più lungo della gamba perché non sembra possibile che questi novellini possano affrontare passaggi di 5b. Ma la guida come un gatto arriva a guidare mani e piedi, a far scoprire piccoli gradini e fessure che nessuno pensava fossero la chiave per sfilare verso il cielo. I ragazzi sono concentrati e si fanno il tifo a vicenda, alcuni non riescono da subito ma ci riprovano, altri ripetono più volte. Concentrazione e attenzione, ma anche un clima disteso, nonostante la severità dell’ambiente e la necessità di prestare attenzione a ogni movimento, anche al piede poco agevole della parete, per non far franare sassi, per non rotolare nei cespugli. Chi l’avrebbe detto che dei ragazzini così cittadini si sarebbero trovati così a loro agio?

La giornata non è finita, mezzora di trasferimento col furgoncino del Piccolo Principe e si risalgono i 14 tornanti fino al piazzale dei Resinelli. Qui senza neanche troppe proteste, all’imbrunire, il gruppo si avvia a piedi verso il rifugio Porta dove Claudio Trentani li sta aspettando con una buona cenetta e caldi piumini per il secondo battesimo della giornata: la prima notte in un rifugio alpino, le chiacchere e le confidenze che la stanchezza presto spegne in un magico silenzio. Le luci della pianura in lontananza (“ma noi dove siamo?”), le nuvole che “salgono fino a noi”.

Al mattino caffelatte e marmellata, poi una schiarita fa partire i gruppetti per un specie di caccia al tesoro nel “Bosco Giulia”: dopo la lettura della carta topografica  si parte alla ricerca dei segnali guidati da indicazioni e tecniche di orientamento. Subito il primo scroscio di pioggia:  si aprono gli ombrelli e ci vorrà un’ora e mezza per rientrare con la raccolta del bottino che permette di ricomporre e decifrare il messaggio. Solo un gruppo prova due sentieri prima di individuare i percorso giusto, ma è ricompensato della scoperta delle magiche torri, teatro delle imprese di Cassin e tanti altri; non solo, sulla via del ritorno il gruppetto si immobilizza vedendo sfilare nel bosco un capriolo grande ed il suo piccolo. “Se non sbagliavamo strada, non lo vedevamo!”

Si scopre anche, tutti fradici, l’utilità del cambio asciutto, nel prescritto sacco di plastica. La scorta di qualche pile supplementare non guasta. E il magico rifugista trasforma i panini “al sacco” in un pranzo caldo che rinfranca. La tavolata chiacchiera tranquilla e gli educatori li vedono diversi, più grandi, più sereni fra loro. Ognuno ha visto gli altri al di fuori dagli schemi prestabiliti dalla scuola, dal quartiere, dalla comunità. Ognuno dice la sua parola.

Si lascia il rifugio  dopo aver lasciato la firma sul librone, dove si può leggere di altri  che prima di noi hanno  amato e vissuto questa natura aspra e forte, dove si legge di altri lontani luoghi di origine. Si possono evocare i nomi dei soci CAI, naturalisti, esploratori, semplici amici che hanno voluto questa “casa”per ospitare, per accogliere. E si possono evocare i versi “Madri Montagne” della poetessa Antonia Pozzi, le difficili vicende di guerra e Resistenza, di baite distrutte e rifugi bruciati, storie di belle, grandi  imprese, i maglioni rossi dei Ragni… e sempre sullo sfondo resta la bellezza, il coraggio, l’amore per una montagna .

La pioggia non la smette e si organizza un veloce trasporto fino al piazzale della Miniera Anna. Forniti di caschetti, pile frontali e stivali, scendiamo “nel cuore della terra”. Così il giovane geologo ci fa scoprire nelle gallerie le vene del minerale, gli attrezzi e le tecniche più antiche, l’evoluzione tecnica in quasi 5 secoli di lavoro, con il trenino che tardi sostituisce almeno in parte le gerle piene di  minerale grezzo portate a spalla fino al pozzo e alla superficie, alle fonderie di Laorca, a Lecco, a Milano.

Chi erano i minatori? Nella buona stagione contadini e pastori,  poi per mesi al chiuso e nel buio. E come vivevano, come venivano retribuiti, cosa mangiavano, dove dormivano in grotta questi ragazzi quindicenni senza scuola, che imparavano il lavoro dagli esperti trentenni “più anziani” e a 45 anni dovevano abbandonare la miniera, e tornavano a casa e in famiglia con i polmoni rovinati dalla silicosi?

Pian piano il silenzio è interrotto da parecchie domande. E poi fuori all’aria, di nuovo il cielo, le nuvole arrampicate sul Resegone, il pullmino, la strada verso la pianura, verso la città, verso casa. Ma presto ci rivedremo.

Luisa Ruberl e Lorenzo Serafin

La montagna per creare solidarietà, amicizia e sicurezza in città. Questo in estrema sintesi lo scopo dell’iniziativa “Quartieri in Quota” nata sotto l’egida dell’associazione “Quartieri tranquilli” (www.quartieritranquilli.it) con la partecipazione della Sezione di Milano del Club Alpino Italiano, del sito www.mountcity.it e di alcuni sponsor tra i quali  df-Sport Specialist e Focus Himalaya Travel.

Commenta la notizia.