A piedi nell’Italia che si fida (e ti ospita)

Sei mesi e più di cammino partendo da Torino. Riccardo Carnovalini e Anna Rastello dopo averci aggiornato via via sulla loro pagina di Facebook, ci offrono adesso nel bel libro curiosamente intitolato “PasParTu” (Edizioni dei Cammini) il racconto di questa loro esperienza. Molti sono i viaggi che Riccardo e Anna hanno intrapreso per scoprire o riscoprire regioni e angoli “speciali” del nostro paese, a volte con lo scopo di portare un messaggio di solidarietà, oppure per attirare l’attenzione su problematiche particolari. Il cammino più lungo, intenso e imprevedibile che hanno condiviso è però questo da loro denominato PasParTu: Passi, Parole, Tu.
Passi: quelli che hanno compiuto per unire le persone che li hanno accolti. Parole: quelle che hanno ascoltato per conoscere chi, giorno dopo giorno, ha donato loro un bene impagabile e prezioso – il proprio tempo. Tu: perché si sono spogliati della loro individualità per mettersi nelle mani dell’estraneo che li ha accolti alla sera e che ha stabilito la destinazione del giorno successivo.
“È stato un viaggio a piedi senza meta”, spiegano Anna e Riccardo, “alla ricerca dell’Italia che si fida ed è curiosa e ospitale, una ricerca fatta con i piedi per dimostrare che c’è ancora chi sa aprire la porta di casa agli sconosciuti, dando fiducia a chi giunge all’improvviso a scompigliare il tran tran quotidiano”. Un argomento di stretta attualità in questi giorni di biblici esodi verso un’Europa non sempre ospitale, sicuramente una metafora dei tempi in cui viviamo.
E’ dagli anni Ottanta che Riccardo racconta le meraviglie dell’andare a piedi, fin da quando con la compagna Cristina attraversava l’Europa da cima a fondo innestando nel racconto una fitta serie di appunti impregnati di sociologia e tenendoci compagnia con le sue appassionanti conversazioni il mattino sulle onde della Rai. Anna Rastello, atleta mezzofondista in gioventù, si è rivelata invece nel 2011 quando, per tener fede a una promessa fatta in occasione di un terribile incidente stradale che rese paralizzata la figlia Marcella, intraprese un lungo cammino alla ricerca di un nuovo sguardo sulla disabilità.
Ma che cos’è il camminare per Riccado Carnovalini e Anna Rastello? Ce lo spiegano loro stessi in questo frammento del libro “PasParTu”che pubblichiamo per gentile concessione, con un caldo invito: leggetelo, è imperdibile!

La nostra rivoluzione a quattro chilometri all’ora
Il nostro camminare esce dalle riserve indiane per escursionisti disciplinati, si spinge nell’hic sunt leones degli antichi, le aree incognite sulle carte geografiche, le terre di nessuno e di confine. Periferie urbane, complicati svincoli, zone industriali e artigianali fitte di capannoni, paraggi di centri commerciali, terre fra gli ultimi condomini e i primi campi, immancabili cantieri di non si sa bene cosa bordati dalle terribili reti di plastica arancioni.
Zone grigie, deserti in trasformazione che possiamo provare a scoprire e nel quale possiamo provare a cercare una via, camminando a fianco a qualche immigrato o disperato. Se noi ci siamo, diventiamo testimoni anche di questi mondi. Prendere solo il bello, il già confezionato, ci limita, ci fa essere turisti. Invece vogliamo ficcare il naso e il cuore ovunque. Il nostro camminare è provare a soddisfare l’insaziabile curiosità che abbiamo e, al contempo, cercare di destarla in chi ci incontra. Desideriamo cortocircuiti, e favorire relazioni e reti fra persone e organizzazioni eccellenti che si attivano per cambiare il mondo. Siamo in tempo, si può e si deve fare!
Il nudo, fragile, atavico, amorevole camminare può trasformare silenziosi passi in rumorose e trasgressive azioni di politica attiva, pregne di senso civico.
Camminare per noi è ricerca: di luoghi, di persone, di fermenti, di noi stessi. È essere fatti e disfatti continuamente dal viaggio. È il nostro piccolo contributo per far riflettere e per un futuro migliore.
Siamo convinti che camminare è una rivoluzione a quattro chilometri all’ora. Dove rivoluzione sta per non avere fretta, decrescere ed essere sobri, accogliere e provare a capire il mondo, conoscere e far conoscere, denunciare.
“Chi vuole muovere il mondo muova prima se stesso” (Socrate).
E allora dove ci muoviamo per fare la nostra piccola grande rivoluzione? Ripercorriamo il periplo delle coste trent’anni dopo, con un piede in mare e l’altro in terra, per confrontare la situazione paesaggistica di oggi con quella documentata nel CamminAmare del 1985? Risaliamo altri fiumi, documentando quanto stanno male? Attraversiamo ancora gli Appennini, le Alpi, le Prealpi? Oppure perché non andiamo a trovare un amico a piedi? Da casa a casa. La nostra e la sua.
Il paesaggio italiano continuerà a essere la nostra casa, dopo tanti anni di dedizione? Certo è che saremo sempre sacerdoti della bassa velocità, inguaribili attraversatori lenti degli spazi, cronici innamorati di Madre Terra, fautori di una vita essenziale.
Scegliere la lentezza significa esporsi alla complessità del territorio, mentre la velocità semplifica. Pensiamo, per esempio, al disco di Newton: se è fermo o gira piano appaiono distintamente i sette colori dell’arcobaleno di cui si compone, se ruota velocemente vediamo un solo colore, il bianco, ottenendo l’illusione che i colori tendano a uniformarsi. Il territorio ha tanti colori e tante facce diverse da conoscere: è armonia e dissonanza, silenzio e rumore, natura e cemento, accoglienza e rifiuto. La lentezza demolisce tutte le semplificazioni e non consente di schierarsi a priori. Lentezza per noi è mantenere la libertà, che è permeabilità. Ecco perché siamo lenti.
“Vieni e vedi”, sosteneva il compianto Alexander Langer, insieme a tanti altri concetti illuminati, come il noto “lentius, profundius e suavius” contrapposto al motto olimpico “citius, altius, fortius”. Vieni e vedi, altrimenti non puoi capire e non puoi dire. Dobbiamo imparare a dire quello che vediamo e non quello che ci comunicano i media o che leggiamo.
“Guarda le piccole cose perché un giorno ti volterai e capirai che erano grandi”. Abbiamo fatto nostro anche il prezioso suggerimento di Jim Morrison, guardando con cura dove sembra che non ci sia niente da guardare, e riempiendo la mente e il sensore fotografico di cose apparentemente inutili. Quel mondo minimo, umile e fascinoso che s’incontra sulla soglia di casa, sul ciglio di un campo o di una strada qualunque. E che richiede il tempo di rallentare, di fermarsi, di oziare. Forse è l’inutile a rendere ricca la vita.
E ora che si fa? Usciamo a fare quattro passi perché è uscito il sole e si sta meglio fuori piuttosto che a far la muffa davanti a un computer, un televisore, oppure su un divano. Siamo fatti per camminare. E allora camminiamo! Partendo dalla porta di casa si può andare ovunque, è solo questione di tempo, senza dimenticare che l’importante è il cammino, non la meta. La meta può farci correre, può distrarci, può banalizzare il cammino o farlo passare in secondo piano.
“Si possono percorrere milioni di chilometri in una sola vita senza mai scalfire la superficie dei luoghi né imparare nulla dalle genti appena sfiorate. Il senso del viaggio sta nel fermarsi ad ascoltare chiunque abbia una storia da raccontare” (Pino Cacucci).
Riccardo Carnovalini e Anna Rastello