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Vie storiche. Verso Punta Mesco, ingannati dalla segnaletica

Abbiamo lasciato Punta Mesco da una decina di minuti. Guardo a terra per non inciampare nei grossi sassi. All’improvviso scorgo due piedini delicati, nudi, di una giovane in due pezzi… Una Sirena? La giornata è molto calda e abbiamo sofferto salendo alle dieci del mattino da Monterosso i trecento metri di dislivello verso i ruderi della chiesa di sant’Antonio dove, per un lungo periodo, i monaci del convento hanno scrutato l’orizzonte proteggendo le popolazioni delle Cinque Terre da temute scorrerie.

Il sentiero, parte di un’antica mulattiera che collega Ventimiglia con Luni nota come sentiero Liguria, ha le caratteristiche di Escursionistico sia per la tipologia del fondo, sia per le pendenze ed è consigliabile percorrerlo con abbigliamento adatto e scorta d’acqua. Le sue splendide viste da Portofino alla Palmaria lo rendono meta di centinaia di appassionati anche nelle giornate estive più torride.

Proprio il caldo e le informazioni insufficienti fanno brutti effetti. Durante la sosta all’ombra delle mura di sant’Antonio ci siamo divertiti a osservare i passanti: tanti stranieri, spesso giovani donne in coppia, inglesi, francesi, tedesche con zaini pesanti, fisico atletico e attrezzate con contenitori termici di bevande ghiacciate. Una ci chiede se per Levanto bisogna procedere oltre la chiesa. Le faccio notare che ci troviamo su un dirupo a strapiombo sul mare e che deve ritornare sui suoi passi e seguire il sentiero a sinistra n. 1 (in un bivio così importante qualche indicazione in più sarebbe necessaria).

Poco dopo arriva da Levanto una famigliola. Davanti un ragazzino con il suo zainetto e le scarpe da tennis, poi la madre. L’uomo arriva poco dopo vestito con pantaloni e maglietta blu di cotone e scarpe nere di cuoio. In mano un quotidiano. Sembra uscito pochi minuti prima dalla messa. Pensiamo alle ragazze con zaino, panini e bibite ghiacciate… Questi forse non hanno nemmeno da bere, ma non sembrano provati. Mi convinco che la discesa per Levanto sia una passeggiata ombreggiata e su fondo piano.

Sentiero Punta Mesco
La manutenzione e la segnaletica della mulattiera, considerato il grande afflusso di turisti, lasciano decisamente a desiderare… (ph. D. Monti, Vie storiche, per gentile concessione)

Ma torniamo alla Sirena. La osservo con attenzione e mi convinco che ormai il percorso accidentato è finito. Sul viso giovanile non una smorfia di dolore, non una goccia di sudore. Dietro a lei due Sirene francesi sulla cinquantina con semplici sandali infradito. Mi sento Tartarino di ritorno dal Rigi Kulm, mi mancano solo la piccozza e due tesate di corda. Con un po’ di vergogna lasciamo passare il piccolo corteo e riprendiamo la discesa. Troviamo di tutto, bosco, spazi aperti con viste stupende e golfetti esclusivi, strapiombi, terrazzamenti, due case in ristrutturazione di proprietà del FAI, ma sempre discese e salite su fondo duro e sconnesso. Circa due ore per vedere il castello di Levanto, per pungermi le mani nel tentativo di cogliere un fico d’india, e per terminare la scorta d’acqua.

Arriviamo finalmente a livello mare. Un cartello indica Mesco un’ora e trenta, Monterosso 2h e 15′.

Penso alla Sirena, guardo mia moglie accaldata e un po’ stanca. Siamo abituati a camminare, ma quei tempi ci sembrano esageratamente corti: forse è per questo che sale gente direttamente dal mare con le infradito o con le scarpe nere della domenica. Ci tuffiamo in una bibita fresca.

Mentre rientriamo in auto a Moneglia un cartello segnala: “Obbligo di catene in caso di neve”. E ci chiediamo perché i cartelli per pedoni non sono altrettanto precisi. Se la giovane Sirena si taglia un piede inciampando nei sassi chi è responsabile?

Inutile pensare di far pagare il soccorso se non ci sono informazioni adeguate, e questo vale per tutti.

Dario Monti

www.viestoriche.net

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