Camminare tra le “montagne ribelli” con i grandi scrittori

Montagne ribelli
Una preziosa guida ai luoghi della Resistenza.

In occasione del 70° anniversario della Liberazione, un bel libro da leggere o rileggere per chi va in montagna e ama camminare è sicuramente “Montagne ribelli. Guida ai luoghi della Resistenza” (Mondadori, 179 pagine, 13 euro) di Paola Lugo. E’ uscito cinque anni fa ma è di grande attualità in questi tempi crudeli. Cercate di procurarvelo. Vicentina, la Lugo è anche autrice per lo stesso editore di “101 camminate in montagna”. La peculiarità dei suoi scritti sta nella dettagliata descrizione di ogni percorso e più ancora nella relativa scelta, mai banale, sempre dettata da richiami culturali o ambientali. L’autrice arricchisce la lettura con una messe di notizie di carattere storico, paesaggistico e scientifico. Le camminate con Paola si trasformano così in occasioni preziose per conoscere il territorio e la storia. Si legge, si cammina, ci si immerge nella natura. Il tutto è molto piacevole e remunerativo. Di sentiero in sentiero, “Montagne ribelli” racconta una Resistenza che non è solo partigiana, ma è anche quella di coloro, come afferma Claudio Magris, che non si sono piegati quando un’altra Italia sembrava impossibile. Le Alpi da teatro di eroismo (Grande Guerra) si sono trasformate durante la Resistenza in luoghi di libertà. I Gheddo, i Del Mastro, i Rossa non scappavano sulle montagne, ci andavano per capire meglio il mondo, come osserva Enrico Camanni raccontando nei suoi libri la Resistenza in Piemonte. La Lugo non smette d’interrogarsi sulle ragioni di questa scelta volontaria che ha indotto tanti giovani a scegliere la montagna e coglie l’occasione per analizzare la “moralità” della Resistenza. E dal libro emerge, per dirla con Primo Levi, un muto “bisogno di decenza”: più ancora del senso del dovere, dell’amor di patria, del senso dell’onore. E’ la risposta alle pratiche barbariche mese in atto dagli occupanti tedeschi, ai vent’anni di dittatura (militare) fascista. La stessa molla che indusse a Lecco il fascista Riccardo Cassin, un padre dell’alpinismo moderno, a ribellarsi mettendo a repentaglio la sua vita quando vide i “suoi” rifugi alpini incendiati dalle formazioni tedesche e fasciste per rompere con il terrore il filo di solidarietà che legava le formazioni partigiane alla popolazione. Dall’autunno del 1943 alla primavera del 1945 fascisti e partigiani combattono dunque nel cuore vivo delle Alpi, ai piedi delle vallate e sui versanti, per conquistare sentieri, strade, ponti, paesi e fabbriche. La guerra dei resistenti guarda ai mari e alle pianure lontane, dove sbarcano e risalgono gli Alleati a liberare l’Europa dalle dittature.

Paola Lugo
Paola Lugo

Buona parte delle pagine di “Montagne ribelli” riguardano il terribile ciclo di rastrellamenti dell’inverno ’44-’45, quando gli alleati sono bloccati dalla linea gotica e le bande partigiane si rivelano inadeguate, male armate. Solo dal febbraio-marzo 1945 le formazioni, finalmente rifornite da aviolanci alleati, tornano a ingrossarsi. Nei giorni dell’insurrezione si contarono duecentomila partigiani. Intanto altri 650 mila catturati dai tedeschi languivano nei lager. La Resistenza è stata in gran parte guerra di montagna, ma ha lasciato poche tracce di sé, se non nel cuore e negli scritti di chi l’ha vissuta e raccontata. I nobili tentativi di trasformare i luoghi resistenziali in musei ed ecomusei si sono scontrati con la povertà delle testimonianze sul terreno, perché i partigiani si nascondevano senza lasciare traccia. Il libro di Paola Lugo echeggia, nella sua originalità, quel “Camminare nella storia” che ha trovato forse il punto più interessante di legittimazione nella rete ecomuseale “La memoria delle Alpi” dedicata al territorio alpino e alla sua storia. Questa rete è il prodotto di un progetto Interreg Italia-Francia-Svizzera (www.memoriadellealpi.net) realizzato nel 2006. Va segnalato che in provincia di Cuneo s’intrecciano ben 43 sentieri della libertà.

Originale la struttura del libro di cui, occorre ripeterlo, si raccomanda la lettura in questi giorni di celebrazioni: dieci escursioni sui luoghi della Resistenza sono basate non su testimonianze dirette ma su libri di autori celebri: Calvino, Fenoglio, Meneghello, Giovanna Zangrandi, Rigoni Stern, Marco Albino Ferrari, Francesco Guccini, Mauro Corona. Quelle che la Lugo chiama “opere di fiction” sono in realtà testimonianze che traducono meglio di qualsiasi altra nota ufficiale la complessità della vita, l’atmosfera, il paesaggio, tutto ciò che determina lo spirito del tempo.

Sempre per gli escursionisti che amano aggirarsi sui sentieri della libertà, va segnalato che nel ’95 uscì “Sui sentieri dei partigiani” per i tipi del Centro Documentazione Alpina, 59 itinerari alla scoperta della Resistenza tra le montagne della provincia di Torino. Fu l’inizio di un ciclo. Da segnalare tra i libri sull’argomento “La via Tilman” di Roberto Mezzacasa (NordPress), guida storica ed escursionistica dedicata alle imprese dell’ufficiale britannico che operò nel Bellunese: libro che cerca di amalgamare con una certa fatica la descrizione degli itinerari e le pagine di storia.

Un ostacolo nella complessa ricerca della Lugo, va precisato, risiede talvolta negli scritti da cui trae ispirazione (vedi Calvino e suoi “nidi di ragno”) dove non si trova un solo toponimo utile a individuare un possibile percorso. Ma per lei non sembra essere stato un problema se ha scelto addirittura di prendere spunto da un’opera totalmente di fantasia, “Miracolo a Sant’Anna” di James Mc Bride da cui è stato tratto un film di Spike Lee.

Sulle tracce di Giovanna Zangrandi, l’autrice ricostruisce poi uno degli itinerari più affascinanti del libro: la salita al rifugio Galassi, nell’Antelao, o nei pressi del rifugio, dove la Zangrandi, la partigiana Anna, ha continuato la sua battaglia anche dopo che il generale Alexander aveva invitato nel 1944 i partigiani a sciogliere le bande. “Non si avranno oggi i tiranti della gerla che segnano crudelmente le spalle”, annota l’autrice nel descrivere l’itinerario, “ma tutt’al più morbidi spallacci di un comodo zaino ergonomico”. Da notare che la Zangrandi temeva che la bellezza delle montagne le facesse dimenticare la terribile realtà della guerra.

La guerra del partigiano è molto diversa da quella dell’alpino della Grande Guerra barricato nelle trincee. I partigiani si spostano di continuo e le valli sono essenzialmente luoghi di riparo temporaneo o vie di transito e fuga. Per questo Paola Lugo non si limita a cercare riscontri nei percorsi con le pagine che l’hanno ispirata ma di continuo di guarda attorno e ricostruisce una montagna che non c’è più: come le piazzole dette ère nella valle del Mis dove si facevano le carbonaie.

Nella Resistenza, va precisato, la montagna incarna il luogo ideale delle anime ribelli, resuscitando memorie di libertà ancestrali, e i montanari scendono in aiuto dei combattenti. Ha ragione l’antropologa Michela Zucca, interpellata dall’autrice: fin dal Medioevo la montagna è stata rifugio di eretici, streghe, mendicanti fuggiaschi che trovarono nelle montagne un rifugio ideale. Ancora oggi in Sud America l’entrare in clandestinità per un guerrigliero si definisce andarsene in montagna (fuirse para el monte). Non a caso, Luigi Meneghello ne “I piccoli maestri” racconta: “Spuntava da sé l’idea di andare in montagna. Ora bisognava arrangiarsi da sé. Ci sentivamo soltanto neofiti e catecumeni, ma ci pareva che ora toccasse proprio a noi prendere questi misteri e portarceli via dalle città contaminate, dalle pianure dove viaggiavano colonne tedesche, dai paesi dove ricomparivano, in nero, i funzionari del caos. Portarci via i misteri, andare sulle montagne”.

Non si può infine parlare di montagna e di Resistenza senza citare Il partigiano Johnny di Beppe Fenoglio, la summa della sua narrativa resistenziale. La possibilità di ripercorrere i luoghi fenogliani è offerta dalla Comunità Montana Langa delle Valli. Il Sentiero del partigiano Johnny segue idealmente la fuga dal grande rastrellamento del novembre ’44, durato quasi una ventina di giorni, da cui Johnny riesce a salvarsi grazie alla sua conoscenza delle colline. La Cascina della Langa o Cascina di Langa dove Johnny trovò rifugio oggi è trasformata in una spa specializzata nell’offerta del benessere. In quella cascina erano ambientate le storie di Fenoglio: Rina, la mezzadra che proteggeva i partigiani, la cagna Lupa che sentiva l’odore dei fascisti, le notti gelate, la paura dei rastrellamenti nel terribile inverno del 1944. Fenoglio non lo avrebbe mai immaginato, ma oggi c’è un ottimo ristorante, si fanno corsi di yoga, ci sono vetrate scintillanti e arredamenti minimal. La figlia Margherita s’interroga: fu giusto sacrificarsi per la brutta Italia di oggi? Si potrebbe rispondere prendendo spunto da una proposta di Paola Lugo: creiamo in montagna una serie di zone di resistenza che vadano dalla richiesta di scuole e ospedali di paese alla lotta (attualissima) per non farsi derubare dell’acqua o lasciarsi inquinare con i rifiuti tossici di organizzazioni mafiose. Le Alpi sono straordinariamente ricche di una “cultura altra” che è stata per troppo tempo disprezzata e ignorata.(Ser)

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