Splendido il Caminito, ma volete mettere il Tracciolino?
Agli spagnoli il Caminito, ai lombardi il Tracciolino. Entrambi sono percorsi spettacolari nati in funzione dell’industria idroelettrica e diventati in questi anni irresistibili attrattive turistiche. In questi giorni a rubare la scena, come si è scritto in MountCity, è in Andalusia il Caminito del Rey restaurato e messo in sicurezza lungo i suoi 7,7 chilometri con manufatti e audaci passerelle sospese, come si può desumere dal sito http://www.caminitodelrey.info/en/#2 ricco d’informazioni e raccomandazioni per i normali escursionisti che desiderano percorrerlo. Analogo trattamento mediatico meriterebbe, con un briciolo di lungimiranza, il meraviglioso Tracciolino che unisce la Val Codera e la Valle dei Ratti, oggi quasi completamente trasformato in una pista per gli appassionati della mountain bike (cercando in Google troverete comunque ampie notizie).
Il Tracciolino rappresenta un pezzo di storia della società industriale avanzata essendo stato realizzato negli anni Trenta dalle Acciaierie Falck. Permette, senza troppa fatica, di godere, camminando o pedalando, di visioni incomparabili sulla Val Chiavenna e su laghi di Mezzola e di Como.
Però, c’è un però… Tutto quel via vai di ciclisti soprattutto la domenica ha tolto al Tracciolino parecchio del fascino originario come osserva in queste note Oreste Forno, scrittore pluripremiato, valoroso fotografo, alpinista tra zero e ottomila e “guardiano di stelle” in servizio permanente effettivo come custode presso l’impianto idroelettrico di Moledana che si trova giusto dove termina il Tracciolino.

Vengono a scoprirlo da tutta Europa
Tracciolino, ovvero “percorso in piano”. Quello che unisce la Val Codera con la Valle dei Ratti, all’imbocco della Valchiavenna, fu realizzato dalle Acciaierie Falck negli anni 30 quale supporto alla costruzione di un canale in galleria necessario per portare l’acqua di Codera alla loro diga di Moledana, in Val dei Ratti. Infatti, quest’opera della lunghezza di quasi 15 chilometri, che ha dell’incredibile per i suoi muri a secco che salgono da strapiombi e per quel suo stare quasi sempre sospeso a 900 metri di quota tra pareti verticali tagliate qua e là da gallerie, permetteva di accedere in più punti ai lavori sotterranei per portare all’esterno il materiale scavato a colpi di dinamite.
Dall’entrata in funzione della diga, nel 1936, continuò a servire come collegamento tra le due valli ed era a uso esclusivo degli operai degli impianti idroelettrici che lo percorrevano per raggiungere le varie prese d’acqua lungo il suo percorso. Poi, col tempo, cominciò a essere sfruttato dalla gente contadina del posto che se ne serviva per il taglio e trasporto del legname e per la pastorizia legata ai vari maggenghi e alpeggi situati nei dintorni.

Con l’avvento dell’escursionismo, invece, grazie al suo svolgersi in un ambiente ancora selvaggio e agli stupendi panorami offerti sui sottostanti laghi di Mezzola e Como il Tracciolino è diventato punto di grande richiamo per gli appassionati di montagna e del camminare. Non c’è quindi da stupirsi se sono tantissime le persone che ogni anno giungono a scoprirlo, o riscoprirlo, persino da paesi come la Svizzera, la Germania e l’Olanda, e saranno ancora di più in seguito a una convenzione stipulata tra la Edison, società oggi titolare degli impianti, e la Comunità Montana della Valchiavenna che ha provveduto a una speciale messa in sicurezza per poterlo offrire anche agli appassionati della mountain-bike.
Cosa che porterà certamente dei benefici alle comunità locali, ma che toglierà sempre più al Tracciolino il suo fascino di antica data, quando silenzio e pace regnavano perché le persone incontrate si potevano contare sulle dita di una mano.
Oreste Forno