Messo in sicurezza il Caminito del Rey
Inaugurato da re Alfonso XIII nel 1921, il Caminito del Rey è uno dei percorsi più suggestivi e spettacolari che offra l’Andalusia. Lungo 7,7 chilometri, si sviluppa per lunghi tratti su passerelle sospese oggi messe in sicurezza per risultare accessibili ai turisti qui piuttosto numerosi in tutte le stagioni. Sono state restaurate anche perché costituiscono un patrimonio storico di grande valore, come si può desumere dal sito (http://www.caminitodelrey.info/en/#2) ricco d’informazioni e raccomandazioni per i normali escursionisti che desiderano percorrerlo.
Non si capisce con quali criteri il Corriere on line presenti brutalmente il celebre manufatto come il sentiero “più pericoloso del mondo”. Emozionante forse. Non c’è dubbio che nella prospettiva di percorrerlo gli amanti del trekking esultino. Ma perché usare stereotipi così superficiali e fuori luogo? Indubbiamente il web sa offrire in certi casi il peggio sul piano culturale, soprattutto quando viene usato soltanto per calamitare lettori distratti e sprovveduti. In questo caso presentare il “Caminito del rey” esaltandone l’opinabile pericolosità reca offesa a chi lo ha progettato e percorso per generazioni, e soprattutto a chi oggi ha ricostruito e messo in sicurezza le parti più compromesse lanciando passerelle sospese sulle stupende Gaitanes Gorges, nel cuore dell’Andalusia.

Un altro esempio di giornalismo superficiale è la foto che compare nelle cronache del 12 marzo sul Corriere della Sera. Si riferisce a un’escursione del responsabile finanziario di Google, tale Patrick Pichette che, per chi proprio volesse saperlo, lascia l’azienda “per trascorrere più tempo con la famiglia”. E infatti per prima cosa il Pichette se ne va in giro per il mondo e il fotografo lo coglie esultante sulla vetta del Kilimanjaro.
L’immagine non si presta a dubbi: alle spalle di Pichette compare la scritta “Congratulation, you are now at Mount Kilimanjaro” ben nota anche ai Fantozzi nostrani che hanno avuto la fortuna di inerpicarsi lassù a 5895 metri. Peccato che l’estensore della didascalia si limiti a spiegare che il tipo compare “in uno dei suoi viaggi” senza accennare minimamente al Kili, come se la cosa fosse di nessun interesse. Particolare che fa a pugni con la completezza dell’informazione e offende, se mai lo venisse a sapere, il soggetto immortalato che con tanta fatica passo dopo passo è salito sul gigante le cui nevi perenni erano care a Hemingway ma oggi non sono nemmeno degne di una citazione sul Corriere.
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