La famosa invasione degli orsi al Club alpino
La domanda era sulla bocca di tutti. Dobbiamo temere l’orso se lo incontriamo durante un’escursione nei boschi? E la risposta di un esperto non si è fatta attendere. Si, certo, dobbiamo temerlo: ma soprattutto dobbiamo controllare il senso di panico che potrebbe impadronirsi di noi, usare cautela, allontanarci con calma e non fuggire a gambe levate. Nella sede di via Duccio di Boninsegna del Cai Milano, la serata organizzata martedì 3 febbraio 2015 dalla Commissione culturale ha registrato lo… share più alto soprattutto quando è entrato in scena Andrea Mustoni, responsabile dell’Ufficio faunistico del parco Adamello Brenta che ha collaborato attivamente all’organizzazione dell’evento, dialogando con il pubblico sui risvolti ambientalisti che il tema della salvaguardia dell’orso pone nelle comunità alpine, con particolare riferimento al progetto europeo “Life Ursus” per la reintroduzione di questa specie sulle nostre montagne.

Il progetto è nato nel 1997 ed è stato appoggiato nel 2002 dal Consiglio centrale della Società Alpinisti Tridentini che ha approvato nel 2013 una mozione a sostegno di uno stabile insediamento dell’orso sulle Alpi e, a partire da quest’anno, per iniziativa della sua commissione TAM, promuove il primo corso dal titolo “L’orso e i grandi carnivori: la convivenza possibile”.

Parafrasando il titolo del libro “La famosa invasione degli orsi in Sicilia” che Dino Buzzati dedicò nel 1963 ai ragazzi si può dire che mai invasione è stata più gradita nell’auditorio del Cai. La serata ha preso spunto dall’avvincente storia di un’orsa nel Trentino alla fine dell’Ottocento che il giornalista Rosario Fichera ripercorre nel suo romanzo “Il soffio dell’orsa”, una novità pubblicata da Arti grafiche Saturni. Alla ribalta sono saliti anche l’attrice Carola Caruso e il trio d’archi Cavalazzi che hanno accompagnato letture e immagini con un percorso musicale opportunamente selezionato da un repertorio di brani classici e moderni.
Fichera ha ribadito quanto emerge dal suo appassionante libro: notevoli sono le qualità dell’orso, la sua possibilità di convivenza con l’uomo, la sua sostanziale non pericolosità per gli umani. Tutte qualità riconosciute anche nei secoli in cui non si conoscevano ancora bene le scimmie e l’orso era considerato come il più vicino alle caratteristiche umane, tanto che prima di Darwin si pensava addirittura potesse essere l’antenato dell’umanità perché sa ergersi sulle zampe posteriori.
Dal punto di vista emotivo, la pacifica “invasione” è stata favorita dal ricordo di quanto è successo in settembre all’orsa Deniza che, in Trentino, ci ha lasciato la pelle anche se avrebbe dovuto solo essere narcotizzata per qualche ora. Come si sa, Deniza è diventata una martire. Si sono organizzate veglie e presidi per ricordarla. Il macchinario della fabbrica di eroi è entrato in funzione.

E’ vero, dobbiamo temere gli orsi, ma con loro dobbiamo usare la stessa cautela di quando ci troviamo a tu per tu con una vipera o con un insetto velenoso, elementi ineliminabili di tutto ciò che è incontrollabile nella nostra vita, di una natura che non sarà mai possibile addomesticare (del tutto). Non è infatti riducendo la montagna, o quel che rimane, a parco cittadino con bar e giochi per bambini che la si può frequentare in serenità. Anche nel parco urbano ci può essere il mostro, anche in casa. E’ il contatto con la natura selvaggia che ci può dare “serenità”, non l’eliminazione di rischi potenziali per soddisfare le nostre paure con l’arroganza delle nostre tecnologie.
Si è parlato di risvolti negativi sul turismo dovuti alla presenza dell’orso. Ma quale turismo? Quello delle moto da cross, delle motoslitte, dell’eliski? Quello delle persone che sopprimono per precauzione tutto ciò che striscia e che assomiglia vagamente a una vipera, compresi orbettini e lombrichi? Perché non puntare invece sul turismo naturalistico, comunque in crescita, consapevole e informato, incline agli equilibri tra natura e cultura? Perché non privilegiare chi è ancora capace di entusiasmarsi nel vedere la traccia di un animale sulla neve, nell’entrare in punta di piedi nel sistema naturale, desideroso di imparare e non di semplificarlo a propria immagine e somiglianza?
Al termine della serata al Cai, nell’ascoltare questi concetti, c’è chi ha avuto la sensazione che nei corridoi si aggirasse silenzioso Re Leonzio, il re degli orsi nel romanzo di Buzzati, orgoglioso di avere guidato le sue bestie nell’invasione della Sicilia. E c’è chi giura che Leonzio, esultante, abbia accennato a un battito di mani. Pardon, di zampe.
La stagione della Commissione culturale del Cai continua con una speciale serata sulla Grande guerra