Ticket si o ticket no per il soccorso in montagna?

Irriducibile innamorato della montagna, il giornalista Emilio Magni, che è anche appassionato della sua terra, la Brianza, alla quale ha dedicato numerosi saggi sulle tradizioni popolari, ha gentilmente affidato a MountCity le sue riflessioni sull’istituzione di un ticket per il soccorso in quota, argomento del giorno. Come è stato ampiamente riportato dai media, anche la Lombardia vorrebbe allinearsi ad altri Paesi e Regioni che hanno introdotto forme di “compartecipazione” per scoraggiare gli abusi nelle richieste di interventi del soccorso alpino: dalla Val d’Aosta (fino a 3500 euro per persona), al Trentino e all’Alto Adige, dove vige un ticket fisso (36 euro) per l’elisoccorso, al Veneto dove l’improvvido utente che, incolume, si fa soccorrere per evitare il peggio può vedersi arrivare una fattura di 7500 euro. “Non spingiamo per far pagare, ma è una scelta giusta se si dissuade dalle chiamate inutili: l’elicottero non è un taxi”, è il commento di Danilo Barbisotti, presidente per la Lombardia del Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico intervistato nelle pagine del quotidiano Il Giorno da Federico Magni, altro valoroso giornalista doc: è della stirpe dei Magni!

Magni traversata copia
Emilio Magni si definisce alpinista della mutua ma… visceralmente appassionato.

Tanto per cominciare, iscrivetevi al Cai!

Sono mio malgrado un esperto nel dibattito sull’esigenza, avanzata da più parti, di richiedere un pagamento a chi viene soccorso in montagna, o obbligare a dotarsi di un’assicurazione chi si concede qualche escursione al di sopra di una tranquilla passeggiata nei boschi. Sono infatti escursionista ormai anziano, che al massimo arriva al rifugio, tuttavia qualche rischio se lo prende. E qualche anno fa gli svizzeri sono dovuti venir su a recuperarmi con l’elicottero della Rega sulle Alpi del Gottardo, e mi hanno salvato la vita.

Però poi, quasi con la stessa velocità dell’elisoccorso, è arrivato anche il conto: seimila franchi. Ma avevo l’assicurazione del Cai che vale anche nella Confederazione. Ecco quindi più chiaro che mai che un’assicurazione è importante e utile, soprattutto se si è un po’ alpinisti “della mutua” (anche se visceralmente appassionati della montagna) come me.

Obbligare a farsi l’assicurazione? Sarebbe bene, tanto per cominciare, che tutti si iscrivessero al Cai. La montagna ne trarrebbe grandi vantaggi anche nella gestione e nella cura dei rifugi. Il Cai è una delle organizzazioni più serie, oltre che benemerite, che esistano in Italia. Poi potrebbero esserci altre forme di assicurazione, anche private. Di certo farei pagare un ticket salato a quegli “infortunati” che chiamano il soccorso con il telefonino e quando arrivano all’ospedale rifiutano il ricovero.

Certo non è colpa loro se il piede dolente impediva di camminare. Però che paghino visto che hanno adoperato l’elicottero come un taxi magari facendo correre qualche rischio ai soccorritori. Qualcuno ha parlato anche di fare una distinzione tra alpinisti (o escursionisti) occasionali e provetti arrampicatori impegnati in imprese ardue, quindi aventi un conclamato diritto di essere soccorsi se in difficoltà.

Ma come si fa a fare una classifica? Questo è provetto, quest’altro no. Poi occorre dire che in montagna beffarda è la sorte. La letteratura alpina è piena di episodi nei quali grandi nomi ci hanno lasciato la pelle per una banale scivolata. Quindi è meglio che tutti si assicurino.

Emilio Magni

 

 

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