Sportivi dopo il trapianto. Escursioni per godersi la vita ritrovata

Duemila giorni scorrono via quasi senza che una persona se ne accorga, ma per un uomo un po’ speciale come Silvio Calvi, ingegnere di Bergamo, rappresentano una bella fetta di vita da festeggiare. Era il 2006 quando Calvi, che è stato a suo tempo presidente della Sezione di Bergamo del Club alpino e consigliere centrale oltre ad avere ricoperto importanti cariche nell’Unione internazionale delle associazioni alpinistiche, si sottopose a un complesso trapianto. Il suo fegato non funzionava più per i danni causati dall’epatite C. L’intervento si concluse felicemente e Silvio si è potuto concedere una vita normale, sia pure con le limitazioni imposte dai medici curanti e con il fardello dei farmaci anti-rigetto. Duemila giorni dopo, in un’afosa mattinata dell’estate 2011 a Bergamo, nel suo studio d’ingegneria, un gruppo di amici ha festeggiato Calvi con semplicità, in stile alpino. Tra gli amici c’era con molto piacere anche chi scrive queste note e che conserva di quell’incontro un ricordo indimenticabile: il ricordo di un Silvio particolarmente effervescente che, prima di partire per il Caucaso dove lo attendevano vari progetti professionali, ha offerto agli invitati pane e salame e una torta di frutta con quella cifra per lui magica, 2000, ricamata con il marzapane.
Altri due anni, se basta, sono trascorsi e Silvio è sempre più attivo ed entusiasta nel portare la sua positiva testimonianza fra chi ha subito trapianti o è entrato nel tunnel d’importanti malattie. Ora ci fa avere una bozza del progetto “Trapianto e adesso sport” che prevede una serie di escursioni in montagna per trapiantati. “Il progetto è dedicato a Luisa Savoldelli”, spiega, “perché l’idea è nata nel corso di alcune escursioni compiute nell’estate 2014 con Luisa, trapiantata di fegato vent’anni fa. Luisa ha riscoperto in questa circostanza con gli amici e i familiari il piacere di fare fatica in montagna, su e giù per i sentieri e i monti, godendosi la natura, l’aria, il sole. Perchè non organizzare un programma mirato a valutare in termini medici questa sensazione piacevole di riscoperta delle proprie capacità dopo il trapianto, vincendo la paura?” .
L’entusiasmo dei medici ha fatto il resto, ma Luisa non ha visto l’attuazione del progetto, perché alla fine dell’estate il suo fegato ha cominciato a perdere colpi e un nuovo trapianto d’urgenza non ha dato l’esito sperato. Questo programma è dedicato a lei, che, nelle ultime confidenze all’amica Valentina prima del trapianto, ha raccomandato che venisse attuato.
In realtà dopo il trapianto d’organo – e Calvi, appassionato camminatore e alpinista ne è un luminoso esempio – è di norma possibile riprendere con tranquillità l’attività sportiva che è stata abbandonata nel periodo precedente e immediatamente successivo all’intervento. Per questo motivo il programma sperimentale “Trapianto e adesso sport” viene promosso dal Ministero della Salute e diffuso nelle varie regioni in forma capillare. Essendo Bergamo una città con forti radici nella montagna, per riavvicinare tutti i pazienti che hanno subito un trapianto d’organo alla pratica sportiva, vengono proposti percorsi che prevedono l’accesso a cime e rifugi accessibili a tutti, con l’accompagnamento di esperti del CAI di Bergamo.
Il programma è stato stilato con la supervisione della USSD Coordinamento prelievo e trapianto di organi e tessuti diretto dal dottor Mariangelo Cossolini, la collaborazione della USC Medicina dello sport diretta dal dottor Giacomo Poggioli, della USSD di Psicologia clinica della AO Papa Giovanni XXIII di Bergamo diretta dalla dottoressa Maria Simonetta Spada e dei Centri trapianto di rene, fegato e cuore della AO Papa Giovanni XXIII di Bergamo.
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Le nuove sfide di Silvio
“Ovviamente la salute è una componente essenziale del proprio benessere e grazie al trapianto ottimamente riuscito e all’assistenza e al sostegno dei miei medici”, ha scritto recentemente Silvio Calvi in un’accattivante lettera di Natale mandata agli amici, “mi è stato possibile continuare a godermi la vita, probabilmente più di una persona normale, continuando a cercare nuove sfide. L’ultima in ordine di tempo è stata suggerita dai medici stessi: mi hanno proposto di sperimentare, per liberarmi dal virus (l’epatite C, NdR), nuovi medicinali appena scoperti, che costano una fortuna e promettono di essere efficaci. Perchè non mettermi in gioco e partecipare alla ricerca medica di sei mesi, accettando la proposta dell’ospedale? Ovvio che ho detto subito di sì: ebbene, dopo un solo mese di cura il virus incredibilmente era scomparso!”.
Comprensibile l’esultanza di Silvio. “Una malattia che era considerata una peste incurabile fino a pochi anni fa può adesso essere sconfitta in tutto il mondo, possibilmente a costi ragionevoli. Non posso che essere grato per l’incredibile opportunità che mi è stata offerta, assumendomi i rischi della sperimentazione, e soprattutto per il felice risultato. Per fortuna gli effetti collaterali sono stati tenuti sotto controllo e ora, senza più virus, devo ammettere che mi sento un po’ perso, privato come sono della minaccia del virus che era una specie di spada di Damocle, pronta a colpire il fegato nuovo. Ora sono ancora più libero di accettare nuove sfide, per restituire il dono che mi è stato fatto”.
Progetti per il 2015? L’ingegner Silvio Calvi è un turbine di idee. “Magari cercherò nuovi impegni in Svanezia, dove ho guidato una splendida squadra di quattro studentesse nella ricerca di possibili sviluppi per il turismo sostenibile negli antichi villaggi della valle: oggi sono orgogliose laureate in architettura e spero che il loro lavoro possa essere utile per gli amici di là. Ci siamo divertiti insieme e abbiamo goduto ogni minuto della ricerca in quel mondo antico che potrebbe scomparire, visitando villaggi abbandonati e intervistando i pochi rimasti nello scenario dei grandiosi monti del Caucaso. Sono tornato ancora in Georgia in settembre, per una conferenza sulla conservazione del patrimonio archeologico, per condividere la lezione che la storia va conservata con colleghi di tutto il mondo, presentando con orgoglio il mio progetto per l’area archeologica di Bergamo. Era necessario anche rendere omaggio alla tomba dell’amico Tezo, morto in un terribile incidente sui monti di Mestia”.
“Quando aspettavo il trapianto”, conclude l’ingegner Calvi, “ho imparato che ogni momento della vita va goduto e che il tempo ci è stato donato in misura limitata e definita: non possiamo buttarlo via e dobbiamo usarlo in ogni frazione, per noi e per i nostri cari, specie i più piccoli”.
Scarica qui il programma “A spasso con luisa”