Talung 2014: i “ragni” tentano l’inviolato colosso

Talung
Il gigantesco pilastro tentato dai “maglioni rossi” di fronte al Kangchenjunga (archivio Ragni)

E’ finalmente pronto il filmato del “Talung 2014″ che racconta il tentativo dei “ragni” Daniele Bernasconi, Mario Panzeri e Giampaolo Corona sul pilastro nord ovest del Talung, il colosso alto 7349 metri situato di fronte al Kangchenjunga. Ne dà l’annuncio Montagna.tv. I tre alpinisti hanno tentato in maggio la prima salita della parete, ma hanno dovuto rinunciare intorno ai 6400 metri a causa delle pessime condizioni della montagna.

“Non ci aspettavamo queste condizioni. La parete è ripidissima, abbiamo trovato un solo posto per bivaccare in 31 tiri di corda”, ha detto Bernasconi poco dopo il rientro a Lecco. “Avevamo sperato di poter non usare le corde nella fascia di roccia che c’è oltre quella di ghiaccio, invece era marcia, tanto che non riuscivamo neanche a mettere protezioni”.

Per gentile concessione di Montagna.Tv mettiamo in rete il trailer del filmato, che nella versione integrale dura una diecina di minuti e viene proiettato durante le serate dei protagonisti della spedizione. Le riprese sono state effettuate dagli alpinisti in parete, regia e montaggio sono di Nicoletta Favaron. Non è una novità, del resto, che il gruppo dei Ragni sia produttore di film come questo dedicato alla spedizione Talung 2014. Vanno ricordati ‘La Torre del Vento’ e ‘Fitz Roy’, titoli che hanno anche vinto dei premi al Filmfestival di Trento.

Bernasconi, Panzeri e Corona sono rientrati in Italia il 28 maggio. “Dal punto massimo in cui siamo arrivati noi, ovvero a 6300, 6400 metri, c’erano ancora circa 300, 400 metri di arrampicata. È finita la corda, è finito il tempo, ma la montagna non era ancora finita”, ha raccontato Bernasconi a Montagna.Tv.

Bernasconi
Daniele Bernasconi, lecchese, è stato presidente dei “Ragni” (archivio Bernasconi)

“I portatori ci hanno abbandonato all’inizio del ghiacciaio durante il trekking di arrivo. Di fatto siamo arrivati al campo base 8 o 9 giorni dopo di quando avremmo dovuto: era il giorno di Pasqua, il 20 aprile. Siamo andati via il 19 maggio. Per un mese siamo andati 13 o 14 volte alla base della parete. Una volta ogni tre giorni eravamo in parete, quindi abbiamo cercato di usare al massimo il tempo che avevamo e di essere attivi. Il meteo non ci ha aiutato perché molte giornate sono state caratterizzate da una meteo buona al mattino e poi brutta al pomeriggio, spesso con neve. E quindi à capitato più volte di risalire le corde per poi essere costretti a tornare indietro. Gli ultimi tre o quattro giorni è stato bello, invece, e di fatti siamo stati in parete”.

“Al di là dei ritardi, il punto è che la parete era veramente dura”, ha concluso l’alpinista lecchese. “Noi avevamo con noi 1500 metri di corde fisse e le abbiamo usate tutte. Il 16 maggio siamo saliti e abbiamo messo la tenda nell’unico posto in cui si può bivaccare, intorno ai 6000 metri: poi siamo andati ad attrezzare altri 2 o 3 tiri sopra. Il giorno dopo abbiamo preso il sacco a pelo e di nuovo abbiamo risalito le fisse: eravamo a circa 6300, 6400 metri, e poi abbiamo aperto altri 5 o 6 tiri nuovi, infine si è arenato il nostro tentativo: avevamo finito le corde, ma le difficoltà erano ancora molte”.

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