Spiro Dalla Porta Xydias, l’ultimo dei romantici, premiato al 32° Gambrinus “Giuseppe Mazzotti”
Nel corso della cerimonia per la consegna del Premio Gambrinus “Giuseppe Mazzotti” sabato 22 a San Polo di Piave (Tv) erano presenti due pilastri dell’alpinismo nazionale del dopoguerra: a questi due illustri personaggi, Spiro Dalla Porta Xydias e Armando Aste, appartenenti all’era ormai dimenticata dell’”alpinismo romantico”, è stato consegnato il Premio Honoris Causa. A questa trentaduesima edizione del riconoscimento letterario 120 erano le opere partecipanti, 75 le case editrici e cinque i premi da assegnare. I premiati sono stati l’esploratore e geografo Franco Michieli con “Huascaran 1993. Verso l’alto. Verso l’altro” – Club Alpino Italiano Sezione di Cedegolo Valcamonica Editore 2013 (sezione “Alpinismo: imprese, vicende storiche, biografie e guide”), Stefano Mancuso esperto tra le massime autorità mondiali nel campo della neurobiologia vegetale e la giornalista Alessandra Viola, che a quattro mani hanno scritto “Verde brillante” – Giunti Editore 2013 (sezione “Ecologia e Paesaggio”), e il docente universitario Ottavio Cavalcanti con il suo “Terra Acqua Mani Fuoco. Ceramica popolare in Calabria” – Rubbettino Editore 2013 (sezione “Artigianato di tradizione”).

L’intervista
Lavorando senza tregua, il triestino Spiro Dalla Porta Xydias, accademico del Cai, non ha fatto negli ultimi tempi che aggiungere nuovi titoli all’infinita collana delle sue opere letterarie, alcune delle quali celeberrime come “I Bruti di Val Rosandra”. Nato a Losanna nel 1917 ma triestino d’adozione, Spiro è passato alla storia per due scalate in particolare: nel 1944 la prima invernale degli strapiombi nord del Campanile di Val Montanaia e nel 1955 l’ultima parete ancora inviolata, la parete est che Comici aveva tentato di scalare invano. Presidente nazionale del Gruppo Italiano Scrittori di Montagna, ha pubblicato cinquanta opere, di cui quarantatre dedicate alla montagna e all’alpinismo (narrativa biografica, monografie, romanzi, libri storici). MountCity lo ha intervistato.
Davanti a una “doppia scalata”, quella reale e quella cartacea, si manifesta una curiosità. Quale delle due presenta maggiori incognite?
“Difficile rispondere. Penso che le maggiori incognite dipendano dalle caratteristiche di scrittore e scalatore del soggetto. Per cui per qualcuno potrà risultare più ardua l’arrampicata (Benuzzi?), per qualcun altro la narrazione (Comici?)”.
Hai una predilezione per Julius Kugy, tuo nume tutelare. Eppure era austriaco e ha scritto le sue opere in tedesco…
“A mia giustificazione preciso: Kugy ha scritto in tedesco, ma a prescindere dal fatto che era diventato suddito italiano, la sua personalità solare lo fa appartenere a tutte le etnie. Se proprio vogliamo dargli una nazionalità egli è stato innanzitutto triestino”
Restituisci dignità di scrittore a Tita Piaz, il diavolo delle Dolomiti, che per i suoi scritti avrebbe goduto di autorevoli consulenze. Quale elemento fa sicuramente di un alpinista uno scrittore?
“Chi parla di queste ‘consulenze’ accrescendone l’importanza dimentica che Piaz aveva conseguito il diploma di maestro, il che per l’epoca non era poco. Oltre a una certa capacità linguistica-narrativa (anche per fare scalate bisogna sapere arrampicare), penso sia indispensabile sentire profondamente quanto si vuole mettere su carta e anche la necessità di esprimere quanto si è provato e si prova”.
Alcune guide di arrampicata, sostieni, sono in grado di riscaldare i cuori. Puoi farci qualche esempio?
“Un esempio per tutti: la “Guida delle Dolomiti Orientali” (II edizione) di Antonio Berti”.
Una curiosità. C’è differenza tra un alpinista scrittore e uno scrittore alpinista?
“E’ un po’ come tagliare un capello in quattro. Semmai si può dire che lo scrittore alpinista è uno scrittore che tra le altre cose si diletta anche di alpinismo. Mentre l’alpinista scrittore è un alpinista che sente il bisogno di esprimere per scritto quanto ha provato nel corso del suo scalare”.

Quali libri possono avere maggiormente influenzato i tuoi primi passi in montagna?
“”Le Alpi Giulie” di Julius Kugy e la “Guida delle Dolomiti Orientali” di Antonio Berti”.
Hai reso omaggio nei tuoi libri a Severino Casara accusato di avere mentito nella scalata al Montanaia e perciò precipitato, come tu stesso affermasti, dagli altari alla polvere. Ma allora quanto vale la parola di un alpinista?
“Penso che la domanda possa essere spostata sull’attuale questione del Cerro Torre. Oltre alla logica stima e fiducia per Cesare Maestri che per primo salì quella guglia, trovo imperdonabile l’accusa che gli viene mossa, di non essere giunto in cima. Per me la parola di un alpinista, cioè di chi ha scelto un’attività rischiosa e ideale, deve valere per il solo fatto che viene pronunciata proprio da un alpinista”.
Fra tanti libri di montagna letti nella tua luminosa carriera di storico dell’alpinismo (quanti?) sembra averti particolarmente deluso il pluriosannato volume di Bepi Mazzotti “La montagna presa in giro”. Davvero non ne ravvisi l’attualità oggi che le prese in giro si sono moltiplicate rispetto ai tempi di Mazzotti?
“Mi sembra che la pungente polemica di Mazzotti sia ormai sorpassata, almeno in parte. E questa satira gli ha fatto trascurare quella che è la sua prerogativa più bella e elevata, la poesia”.
La tua vitalità, caro Spiro, continua a sorprenderci tenuto conto dell’anagrafe. Puoi dirci una volta per tutte quale è il segreto?
“Ringrazio per il giudizio che mi conforta in modo particolare. Penso di non avere certo segreti: non bevo filtri magici e non mi sottopongo a pratiche misteriose o incantesimi. Semplicemente cerco di essere attivo: credo nell’etica e mi batto per la sua affermazione in quello che considero il mio mondo: l’alpinismo”.