L’addio a Camillo Onesti, padre della Stramilano
Ben più di tre lustri non sono pochi per un sodalizio come il “Fior di Roccia” nato nel ’26 al Caffè del Ponte a Porta Ticinese. Lo stesso anno, guarda caso, in cui emetteva i primi vagiti Camillo Onesti, per anni leader del gruppo e uomo di punta nell’ambiente internazionale dello sci e dell’alpinismo. Purtroppo Camillo se ne è andato in questi giorni ed è stata una gravissima perdita per gli amici milanesi della montagna che per anni ha saputo galvanizzare con una serie di appassionanti iniziative, prima fra tutte la Stramilano: il momento magico in cui tutti noi del Fior di Roccia ci ritrovavamo a prestare servizio ai rifornimenti o a fare da “muro umano” in piazza del Duomo per assicurare una partenza regolare.
Alpinismo su tutta la linea era quello del Fior di Roccia che tuttavia ha svolto la sua attività, sotto la guida del presidente Camillo, su molteplici fronti: ha organizzato la citata Stramilano, corsi di sci alpinismo, di sci di fondo e perfino d’immersione subacquea. La sede sociale dev’essere tuttora in via Repubblica Cisalpina 3, sotto gli spalti dell’Arena Civica. Qui, fra trofei di ogni genere, i soci discutono di montagna, di sci, di viaggi. Il sodalizio, che è sottosezione del Cai di cui Onesti era socio benemerito, possiede un rifugio nell’alta Val Formazza: è intestato a Cesare Mores che ne fu presidente dal 1926 al ’36.
Fu con un brindisi sulla vetta del Pizzo Cassandra, a 3226 metri di altezza, che i fondatori siglarono nel ‘26 l’avvio dell’attività. Da principio il gruppo si limitò a organizzare gite collettive. Poi, un po’ alla volta, alcuni soci cominciarono a distinguersi per le difficili ascensioni in cui si cimentavano. Nacquero così i corsi di roccia sulle pareti delle Grigne e quelle della Val Masino, “università” dell’alpinismo. Poi vennero i corsi di ginnastica presciistica e i campeggi estivi tra panorami cari a tutto il “popolo” della montagna: Breuil (dove una capannina inalberò l’insegna del Fior di Roccia), Val Veny, Valnontey, Selva di Val Gardena.
Per anni l’impresa più impegnativa del Fior di Roccia è stata l’organizzazione del Rally internazionale di sci alpinismo: una formula a squadre ideata dal francese Latarjet e adottata per la prima volta in Italia dal gruppo milanese con lunghe traversate in neve fresca con sci e pelli di foca. E con corroboranti soste in rifugi riscaldati dal brio e dalla comunicativa dei “fiordirocciani”. Fra gli atleti che hanno militato con i colori sociali si annovera un fuoriclasse come Fabio Meraldi, a lungo imbattibile nelle corse d’alta quota in estate e in inverno, e la regina delle nevi Manuela Di Centa che poi è diventata sua moglie.

Proprio con la Di Centa, Camillo Onesti ha firmato il suo capolavoro. Fu alle Olimpiadi di Lillehammer del ‘94 che, in veste di Commissario tecnico della nazionale femminile, Camillo fece incetta di medaglie anche grazie a Manuela. Riuscì in quell’occasione, mettendo a frutto il suo buon carattere e la sua simpatia, a creare un accordo che pareva impossibile fra le primedonne della squadra, compresa la fuoriclasse Stefania Belmondo. Ne venne fuori una vera, imbattibile “valanga rosa”.
Camillo fu come si sarà capito un irriducibile appassionato nonché propugnatore delle attrattive dello sci nordico, leggasi sci di fondo. Ai campionati sociali del Fior di Foccia s’impose nel ’56, ’62, ’65, ’71. E poi il dinamico leader dello storico sodalizio, che amava definirsi un “esagitato agonista”, fu conquistato dalle maratone bianche, Marcialonga in primis, in cui trascinò vecchiacci (tra i quali chi scrive) e pivelli, elargendo irresistibili battute e tubetti di sciolina. Per anni è stato anche commissario tecnico della squadra nazionale di sci alpinismo.
Il suo segreto? Uno smisurato amore per lo sci e per la montagna a tutto campo, fondisti, discesisti, alpinisti, agonisti e chi più ne ha più ne metta: tutti riuniti sotto un unico tetto, quello del Fior di Roccia, possibilmente trapunto di stelle. Gli stessi uomini che gareggiavano con i pettorali nelle gran fondo si sono più volte ritrovati su vette inviolate. Nel ’58 sulle Ande Camillo Zamboni, Romano Merendi e Gian Luigi Sterna posavano soddisfatti sulla vetta del Pico Fior di Roccia, e scusate se è poco. Ma furono soprattutto le cordate di Nino Oppio con Nando Nusdeo, Guidobono Cavalchini, Vasco Taldo, Andrea Oggioni e l’onnipresente Sterna a imporsi per classe e affiatamento su vie di roccia e di ghiaccio inesplorate. Addio Camillo, ti pensavamo eterno su questa terra ma, tranquillo, rimarrai per sempre nei nostri cuori.
Ser