Le straordinarie visioni alpine di Segantini
C’era molto orgoglio e una punta di retorica nel presentare il 17 settembre alla stampa la grande mostra di Giovanni Segantini che resterà aperta a palazzo Reale a Milano fino al 18 gennaio. Al rilancio di “Milano cuore dell’Europa” ha fatto infatti esplicito riferimento l’assessore alla cultura Filippo Del Corno nel suo discorso inaugurale di quella che viene presentata come una mostra tra le più importanti di sempre del grande e indiscusso maestro della pittura alpina.
In particolare qui si riprendono i fili di un passato che ha visto Segantini frequentare l’Accademia proprio a Milano e proprio in quello scorcio del XIX secolo in cui dall’Europa, rinfrescati dai ghiacciai alpini, provenivano nuovi fermenti e stimoli artistici. Notevole l’autorevolezza curatoriale e soprattutto la grande diplomazia e l’accordo con la Svizzera, con la quale Milano ha inaugurato una nuova stagione di “contrabbando culturale”, come lo ha definito Gabriele Mazzotta che assieme a Skira ha seguito amorosamente la produzione di questo grande evento.
Le due curatrici, anch’esse d’oltralpe, sono poi quanto di meglio si potesse immaginare per una mostra così importante: Annie Paule Quinsac, critica d’arte considerata la massima esperta dell’opera del Segantini, e Diana Segantini, pronipote e direttrice della casa museo Segantini al Maloja.
La mostra si sviluppa con una organizzazione tematica, piuttosto che cronologica, alla ricerca del simbolismo sempre latente nelle opere, anche giovanili, di Segantini. E’ proprio grazie alla sua formazione giovanile a Milano – città qui rappresentata cosmopolita, anticlericale e aperta alle avanguardie alla fine dell’800, come forse la si vorrebbe oggi di fronte al grande circo mediatico di Expo – che l’artista avrebbe preso spunto per l’avventura pittorica divisionista.
“Ma è nelle Alpi svizzere che Segantini ha ritrovato la sua natura profonda in una forma di quasi totale fusione fra se stesso e la natura”, spiega Annie Paule Quinsac, che racconta anche come la mano del maestro esplori continuamente i temi delle sue raffigurazioni attraverso un processo di andata e ritorno dalla tela al disegno a matita, alla ricerca della purezza visionaria e simbolica che lo ha reso famoso, come bene e ampiamente documentato dalla mostra. E così immaginiamo anche che l’aderenza al divisionismo e ad altre tendenze pittoriche, che sullo scorcio del secolo si facevano largo, non fossero accanimenti tecnici o scelte esclusive, ma grazie alla maestria assoluta di Segantini fossero piuttosto una via particolare per cavalcare lo spirito del tempo e trasmettere la straordinaria potenza simbolica della sua visione.
La “vernice” a Palazzo reale è stata anche una preziosa occasione per stipulare una convenzione con Skira che consente ai soci Cai che presentano in biglietteria la tessera valida per l’anno in corso la riduzione sul biglietto (10 euro al posto di 12 euro). La convenzione prevede in cambio la massima diffusione sui canali di informazione del CAI, come da accordi presi con Rachele Gibin, responsabile per la promozione dell’evento, che a sua volta ha consegnato ufficialmente a Giorgio Zoia, presidente del Cai Milano, una copia del catalogo della mostra di Segantini, oggi in pubblica consultazione presso la Biblioteca Luigi Gabba del Cai Milano.
Alla curatrice Diana Segantini è stato quindi consegnato, in omaggio dalla Sezione di Milano del Club Alpino Italiano, una copia del catalogo della mostra “La Lombardia e le Alpi” che il CAI ha organizzato a maggio del 2013 presso le rinomate sale di Spazio Oberdan in occasione dei 150 anni del CAI.
Tra le iniziative legate alla promozione della mostra si segnala per ora quella promossa dal FAI, Fondo Ambiente Italiano: Anna Torterolo presenta l’autore in una conferenza preparatoria che consente una conoscenza più approfondita del tema trattato in mostra. Per tutti gli appassionati di arte e di montagna è un’occasione da non perdere per ripercorrere assieme a un montanaro come Segantini un complesso e avvincente percorso verso la vera e più alta fonte di ispirazione che il maestro trovò appunto tra quelle montagne dell’Engadina. Per Milano un modo per riscoprirsi oltre che più europea, anche più città alpina… vocazioni entrambe, purtroppo, spesso dimenticate.
Lorenzo Serafin