Sentieri da usare, ma soprattutto da conservare. Ciascuno di noi faccia la sua parte!

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Ometto lungo il sentiero per il Bistinenpas (Sempione). Ph. R. Serafin

Senza manutenzione collettiva e collettivo impiego, i sentieri spariscono come i canali marini che vanno costantemente drenati. Se ne è parlato in occasione del Festival delle Alpi il 21 giugno a Gromo (BG), nel corso del convegno “I sentieri delle Alpi (vanno) verso il futuro”. Sull’argomento si esprime ora Giuseppe Miotti, valtellinese, guida alpina e scrittore, con alcune considerazioni inerenti il nostro senso “civico” in montagna e in particolare sui sentieri che sono sicuramente da considerare beni comuni e vanno conservati con il contributo di tutti.

A questo proposito Robert MacFarlane ricorda (“Le antiche vie”, Einaudi, 2013) che nel Suffolk, all’imbocco di certi sentieri molto battuti, venivano lasciati, appesi a un palo o a una scala, dei falcetti. Chi si incamminava ne prendeva uno per sfrondare i rami che incominciavano a ostruire il passaggio. Il falcetto veniva poi posato alla fine della tratta, a disposizione di chi doveva avviarsi nella direzione opposta.

Sull’etica che chi percorre i sentieri è tenuto a osservare riferisce dunque Miotti che MountCity ringrazia per l’interessante contributo. Con l’invito a chi ci segue con passo alpino a tenerne il debito conto fin dalla prossima escursione.

Un invito a migliorare il nostro cammino

Mi capita di frequentare assiduamente sentieri che sono al di fuori delle normali “rotte” escursionistiche; dai percorsi, cioè, che sono entrati a far parte di quel parco di itinerari conosciuti ai più e quindi ben tracciati, ben segnalati, a volte dotati di punti di ristoro intermedi o comunque ben curati anche dalle amministrazioni locali perché riconosciuti a grande valenza turistica.

I sentieri che ho fatto non hanno nulla da invidiare a questi appena descritti, anzi, in molti casi, e sotto molti aspetti, sono superiori: hanno solo il difetto di correre in zone che non fanno parte di comprensori turistici affermati. Incontrare escursionisti su queste vie è cosa molto rara e la loro percorribilità è affidata a quei pochi montanari che ancora le usano e quindi ne fanno una sommaria manutenzione.

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Poco tempo fa mi sono trovato ancora una volta a sudare su una di queste mulattiere, in molti punti ormai inerbita e invasa dalla vegetazione, con sassi e rami caduti sul passaggio. Come sempre, cammin facendo, mi è venuto spontaneo dare una pedata al sasso per spostarlo, togliere il ramo di traverso, spezzare i ramoscelli o le felci che crescendo sul lato a monte impedivano o rendevano scomodo il passaggio, costruire un ometto ove un bivio poteva far sorgere il dubbio sull’esatta prosecuzione.

In quel momento la mia mente è stata attraversata da un pensiero che vorrei comunicare trasformandolo in una sorta di invito. Ho pensato: “Certo, se tutti quei pochi che passano avessero un occhio di riguardo al sentiero, un sasso oggi, un ramo domani, il tracciato resterebbe molto più pulito e percorribile di quanto oggi non sia”.
Penso che sarebbe buona cosa se, fra i vari insegnamenti che le guide alpine e gli istruttori del CAI danno ai loro allievi, ci fosse anche quello di pensare al sentiero non come un mezzo per arrivare al rifugio o alla base di una parete, ma come un opera d’ingegno che, al di là degli scopi per cui è stata pensata, deve essere rispettata e, per quanto possibile, curata da tutti noi.

E’ un insegnamento che non richiede grandi doti di apprendimento e che spesso può venire anche dal semplice esempio pratico, nel corso di una gita.
Forse questo messaggio è già stato lanciato da altri, forse è contenuto in qualcuna delle tante leggi sulla montagna o scolpito in qualche tavola. Ma se così non fosse credo, e spero, che possa essere un invito utile a migliorare il nostro cammino.

Giuseppe Miotti

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