L’aria sottile del Cerro Torre e del K2 tra le gole della Patagrigna

Che il Cerro Torre in Patagonia parli lecchese è indiscusso. La prima ascensione sicuramente accertata al grido pietrificato è quella compiuta quarant’anni fa, il 13 gennaio 1974, da una spedizione del gruppo dei Ragni di Lecco; in quell’occasione giunsero in vetta Daniele Chiappa, Mario Conti, Casimiro Ferrari e Pino Negri. L’evento è stato celebrato il 5 luglio ai Piani Resinelli nel corso di un’anteprima del tour organizzato da Orobie nelle Grigne. Anzi, nelle Patagrigne come lo staff della bella rivista diretta da Pino Capellini ha opportunamente ribattezzato per l’occasione questi “paracarri” tanto amati dai milanesi, meravigliose propaggini calcaree delle Prealpi Lombarde che quest’estate aspirano a una posizione privilegiata nel turismo alpino di qualità con i loro rifugi.

“Porta, Pialeral, Riva, Bogani, Brioschi, Rosalba e poi ancora Porta”, elenca questi rifugi Emanuele Falchetti presentando l’allettante Tour delle Grigne nel fascicolo di luglio di Orobie. “Sono questi i rifugi che il viaggio – partendo dai Resinelli per inoltrarsi poi sul versante settentrionale del Grignone lungo la cosiddetta Traversata bassa e avviarsi al giro di boa affrontando quella alta – tocca nelle sue quattro tappe, dal 10 al 13 luglio, vere e proprie soglie affacciate su questo grande universo di roccia in un continuo rimando tra passato e futuro. Dove guardi un versante, punti il dito a caso, e sei quasi certo di imbatterti nella via che porta il nome di un grande alpinista. Dove il castello di guglie che ti circonda è lo stesso che affascinò Leonardo e lo ispirò per uno dei famosi disegni tuttora conservati nel Codice Atlantico. Dove – parola di Eugenio Pesci, altro profondo conoscitore delle Grigne – oggi come ai tempi di Dones, Gandin, Panzeri, Cassin, Dell’Oro, Mauri, Vitali, quelle che ti trovi di fronte sono soprattutto le montagne della tradizione secolare dei “rocciatori”.
Spirava aria sottile himalayana invece allo storico rifugio Porta del Cai Milano dove domenica 22 giugno è stato steso il red carpet per Mirella Tenderini che illustrava il suo libro “Tutti gli uomini del K2” (Corbaccio, 2014) da poco sugli scaffali, presentato il 1° maggio al TrentoFilmfestival. Un libro molto atteso e letto con la dovuta attenzione dagli addetti ai lavori anche per la puntuale ricostruzione della spedizione italiana del 1954 come è riferito in altra parte di MountCity. “Sulla nave che riportava in patria i membri della spedizione”, è la rasserenante ricostruzione della Tenderini, tra i più attenti, puntuali indagatori della storia dell’alpinismo in ogni sua recondita piega, “regnava un’atmosfera di euforia e grande cameratismo. Sulla nave c’erano anche gli uomini di una spedizione tedesca che faceva ritorno dal Karakorum e Ugo Angelino racconta il loro stupore nel vedere gli italiani così festosamente in armonia dopo una lunga spedizione. ‘Noi non ci rivolgiamo più nemmeno la parola…’, gli disse uno di loro. Tra gli uomini del K2 invece l’intesa era perfetta. Festeggiavano il coronamento delle loro fatiche tra compagni, da amici. Del resto le prove al Monte Rosa e al Cervino prima della partenza non erano state solo tecniche ma anche di affiatamento. Non per niente venivano continuamente cambiati i compagni di cordata; era necessario che tutti si trovassero d’accordo con tutti”.
Più che mai i rifugi possono rappresentare oggi degli ambiti presidi culturali, concetto già espresso e messo in pratica agli inizi del millennio da una Commissione rifugi del Cai particolarmente agguerrita. Non a caso il Gruppo Terre Alte del CAI ripropone dal 22 giugno al 14 settembre un evento estivo diffuso in 16 rifugi dell’arco alpino e appenninico: concerti, spettacoli teatrali, proposte gastronomiche, visite guidate, reading e approfondimenti storici e naturalistici. Buone vacanze in rifugio e buon tour delle Grigne!
Info: www.orobie.it – www.corbaccio.it – www.rifugioporta.it/
Da una mia ricerca (storica) su internet le cosiddette giornate culturali nei rifugi vennero organizzate dal 2005 al 2009 tutte coordinate da Vatteroni.
Come lei dice l’idea dei rifugi quali presidi culturali venne coltivata con molta convinzione da Salsa ma in rete mi sono imbattuta in questa lettera del 2003 dove si parla di rifugio come “presidio sia per la sicurezza, per l’accoglienza, per il soccorso, l’aggregazione sociale e culturale, e la tutela dell’ambiente montano.”
vedi: http://www.intraisass.it/lettera04.htm
Sicuramente l’idea dei rifugi quali presidi culturali venne coltivata con molta convinzione in quegli anni da Annibale Salsa, allora presidente generale del Cai, come del resto risulta dalle sue relazioni annuali.
Grazie Serafin per il chiarimento.
Leggendo su Gogna blog la presentazione del Nuovo Bidecalogo del CAI da parte di Annibale Salsa, egli dichiara: “Vi ricordate quando, qualche anno fa, ho lanciato l’idea del rifugio come “presidio culturale”?…” L’idea quindi è stata lanciata da Salsa?
Leggo nell’articolo: “Più che mai i rifugi possono rappresentare oggi degli ambiti presidi culturali,..”.
Presidi culturali. Interessante.
Potrebbe Serafin spiegare di più su questo concetto e come è stato messo in pratica e se viene ancora praticato?
Giornate culturali nei rifugi vennero organizzate (salvo errori) per tre anni, dal 2004 al 2006, con la collaborazione della Commissione centrale rifugi e opere alpine del Cai, della Commissione centrale per le pubblicazioni, pure del Cai, e del Gruppo italiano scrittori di montagna (Gism). Venne di anno in anno stilato un cartellone. Il 3 giugno 2006 partecipai io stesso, nel mio piccolo, a uno di questi eventi coordinati dal valoroso Vinicio Vatteroni. Al rifugio Firenze all’Alpe Cisles (Val Gardena) testimoniai, insieme con Dante Colli e ad altre illustri personalità, su “Letteratura e giornalismo di montagna”. L’organizzazione era della Sezione di Firenze.
Roberto