Monza-Resegone in notturna. Giovanni Storti la racconta

Libro Storti
Giovanni Storti in maglietta e pantaloncini sulla copertina del libro “Corro perché mia mamma mi picchia”. L’attore (1957) è il 33% del popolare trio Aldo, Giovanni e Giacomo. Nella home page un’immagine della Monza-Resegone tratta dal sito della Società Alpinisti Monzesi, per gentile concessione.

Partenza con qualsiasi condizione di tempo sabato 21 giugno 2014 dall’Arengario di Monza. Arrivo dopo 42 chilometri alla Capanna Alpinisti Monzesi. La Monza-Resegone, gara podistica competitiva a squadre di tre atleti, si corre quest’anno per la 54° volta, come sempre in notturna. Affascinante, spettacolare, massacrante? Non ci sono parole per definire questa corsa che a un certo punto, dopo essersi snodata sulle strade della Brianza, s’inerpica da Erve lungo il ripido sentiero del Pra’ di Ratt: il percorso diretto e alternativo, per salire alla Monzesi, a quello più addomesticato della sorgente San Carlo costellato da pozze d’acqua limpida che invitano a tuffarsi.

Il più bel racconto della Monza-Resegone è probabilmente quello che ne fa Giovanni Storti del trio Aldo, Giovanni e Giacomo, runnner preparatissimo e infaticabile anche alle alte quote. “Capisci se una gara è diventata leggenda non tanto da chi vi partecipa ma da come l’accoglie la gente”, racconta Storti nelle pagine del libro-memoriale scritto a quattro mani con Franz Rossi “Corro perché la mamma mi picchia” (Mondadori,190 pagine, 16,50 euro).

“Attraversando i paesi della Brianza si assiste a scene bellissime: i due anziani che hanno messo una sedia sul terrazzo e battono le mani a ogni terzetto che passa sotto la loro casa, il gruppo di amici che seduto al bar ti incita e, magari, ti offre scherzosamente una birra, i capannelli di persone che si raccolgono nei punti cruciali e, stringendo in mano la lista dei partecipanti ti chiamano per nome…”.

La capanna rappresenta un miraggio nel cuore della notte. “Si sale. Sopra di noi intuiamo la presenza di molti altri corridori. Si sentono i rumori dei rami spezzati, delle pietre smosse, dei respiri affannosi…Sbuchiamo attraverso una forcella stretta su un tratto pianeggiante”, racconta ancora Storti. “Altro ristoro, ma ci fermiamo meno di un minuto. Adesso manca poco e finalmente attraverso il bosco filtrano le luci della Capanna Alpinisti Monzesi, il traguardo”.

Spesso ci si chiede, a margine di questa stupenda corsa magistralmente organizzata dai soci della gloriosa Società Alpinisti Monzesi, perché il Resegone eserciti negli appassionati un’attrazione irresistibile.

E’ indubbio che questa montagna offre una varietà di paesaggi e una complessità strutturale che ben poco hanno da invidiare alle vicine Grigne. Basta pensare per rendersene conto a tutti quei cocuzzoli sapientemente messi in fila, a quelle torri “dove si rintanano fredde ombre nell’alba”, come scrisse Carlo Emilio Gadda nelle pagine della “Cognizione del dolore”; ma anche alle chiare fresche acque sconosciute alle aride Grigne, al silenzio delle faggete che si affacciano verso Morterone, al profumo dei ciclamini che prosperano tra i muschi.

“Mi succede spesso di tornare con il pensiero a quella mia prima gita sul Resegone”, raccontò il grande lecchese Riccardo Cassin, re del sesto grado. “E sempre con una punta di nostalgia. Pur avendo dedicato tutta la mia vita all’alpinismo, non ricordo infatti di avere mai avvertito un’emozione e una gioia così intense”. In quella domenica mattina del 1926, salendo verso la cina del Resegone, Cassin andava non a caso incontro al suo destino di scalatore eccelso senza minimamente immaginarlo.

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