Sentieri perduti. Quando le gite profumavano di narcisi

Narciso
Un coppia di narcisi. In apertura i soci del Club Alpino Operaio Comasco celebrano nel 1940 la festa del narciso.

“Decine di anni fa le narcisate erano, alle porte di Milano, una festa barbara e inconsapevole che vedeva interi pullman di gitanti festosi armati di zappino e sacchi riversarsi sui pendii delle Prealpi Lombarde per fare una raccolta, oggi demenziale, dei bei fiori stellati. Da allora molto è cambiato nella consapevolezza del legame che stringe la città alle montagne. Ma i narcisi, perlopiù, sono scomparsi”. Questo racconta l’associazione Gente di Montagna (www.gentedimontagna.it) sul suo interessante sito con l’aggiornamento di giugno: nuovi appuntamenti con un mese veramente pieno di iniziative, nuove immagini, una bella poesia di Federico Tavan. E una novità per chi scrive nei blog di montagna: il Blogcontest 2014. Ma come nacque, storicamente, questa passione per le narcisate? Bisogna risalire all’inizio del secolo scorso, quando il termine “operaio” ricorreva nelle sigle di alcuni gloriosi sodalizi legati alla montagna. Nel 1911 nasceva in Lombardia l’Unione Operaia Escursionisti Italiani (UOEI), fondata con il motto “per il monte contro l’alcol” allo scopo di migliorare le condizioni sanitarie e di vita dei lavoratori. L’amore per la montagna e la solidarietà furono in quegli anni l’emblema del Club Alpino Operaio di Como. Anche qui scopo ideale delle attività era quello di contribuire al riscatto dei lavoratori dalle difficili condizioni di vita quotidiana e di lavoro. Come spiega lo storico Alessandro Pastore (Il Club alpino operaio di Como di Giuseppe Vaghi, Nodo Libri, 2011), restava lontano, diversamente da quanto avveniva per il CAI, l’interesse per la dimensione scientifico-naturalistica dell’alpe. L’alpinismo operaio consisteva soprattutto in una frequentazione turistica di alcuni luoghi del circondario comasco, con gite collettive che vedevano coinvolti numeri imponenti di soci operai. Alle tradizionali gite sociali si affiancavano manifestazioni, sportive o meno, che andavano dalle gare e dai raduni sciistici e podistici alle gnoccate, alle fragolate, alle panettonate in capanna, alle castagnate. E alle narcisate, appunto.

Le narcisate erano di grande popolarità negli anni Trenta e Quaranta, e anche nel dopoguerra, come suggerisce l’immagine della festa del narciso del CAI contenuta nel libro citato, con gli enormi mazzi affidati alle ragazze mentre lo stemma sociale sovrastato dall’aquila era costruito da centinaia di queste amarillidacee appena recise. Particolare importante. Il nome narciso deriva dalla parola greca narkao (stordisco) con riferimento al profumo inebriante dei fiori che in primavera riempiono i prati delle Prealpi lombarde. Un profumo che evoca ancora, in chi ha raggiunto il traguardo della terza età, un’atmosfera d’altri tempi, un modo diverso di divertirsi. Non solo al Tivano, ma anche su verso Brunate lo splendore di prati biancheggianti di narcisi richiamava gruppi di giovani per la narcisata, la madre di tutte le gite perdute. A documentare queste gite è stato con grande maestria Silvio Saglio, tra i grandi della Società Escursionisti Milanesi, illustre storico e autore di guide. Oggi il narciso è un fiore protetto, raccoglierlo costituisce un reato.

 

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